La vicenda della Ferriere Fiat cominciò nel 1917, in pieno periodo bellico, quando la Fiat acquistò dalla ditta Vandel gli stabilimenti della vecchia Fucina delle Armi - già utilizzati come ferriere - e li convertì in industrie per la fusione e la lavorazione dei metalli, utilizzati per la produzione di componenti meccanici, indirizzando la produzione al settore automobilistico, motoristico e aviatorio.
Il periodo tra le due guerre vide un’espansione del complesso (400.000 m2 già nel 1920, n.d.r.) e un notevole incremento del numero degli operai, destinato a crescere ulteriormente con l’ingresso dell’Italia nel Secondo Conflitto Mondiale. L’enorme comprensorio industriale era distribuito su tre diversi settori: l’area Valdocco, compresa tra la ferrovia, corso Mortara, via Livorno e via Ceva ospitava le acciaierie; i laminatoi e le fonderie trovavano posto nel perimetro delimitato dalle vie Orvieto, Verolengo, Borgaro e da corso Mortara, corrispondente all’area Vitali; quest’ultima era collegata, mediante un tunnel ferroviario che attraversava via Borgaro, all’area Ingest, compresa tra le vie Nole, Borgaro, Valdellatorre e corso Potenza, dove venivano prodotti nastri di lamiere. Il complesso produttivo era dotato di una fitta rete di impianti idraulici e di binari ferroviari.
Nel 1978 le Ferriere Fiat furono assorbite dalla Teksid, l’azienda che raggruppava tutte le attività metallurgiche e siderurgiche della Fiat e che, a sua volta, fu inclusa nel 1982 nella Finsider, gruppo delle Partecipazioni Statali. A partire dagli anni ’80 l’attività cominciò a decrescere, a causa della progressiva crisi che colpì tutto il settore metallurgico, fino a quando, nel 1992, avvenne la definitiva chiusura dell’impianto.
La Michelin insediò nel 1906 il grande complesso per la produzione di pneumatici nello spazio delimitato ad est da via Livorno (allora via Schina), a nord dalla Dora Riparia, a ovest da corso Umbria (all’epoca corso Ferrara) e a sud da via Treviso.
Il nucleo originario del comprensorio era costituito da due edifici su via Livorno e da alcuni capannoni interni destinati, nel corso degli anni - particolarmente tra il 1915 e il 1938 - ad estendersi fino ad occupare una superficie di circa 150.000 metri quadrati. Tra il 1920 ed il 1935 l’estensione dello stabilimento raggiunse corso Umbria a Est e via Treviso a Sud.
La fabbrica si caratterizzava, a differenza delle altre costituite prevalentemente da capannoni, per i suoi edifici pluripiano: quelli prospicienti le strade perimetrali ospitavano gli uffici, le residenze dei dipendenti, la caserma dei pompieri, la centrale termica e la portineria, mentre nella parte interna del comprensorio si trovavano principalmente i capannoni per la produzione. Il complesso ospitava inoltre una stazione dei vigili del fuoco.
La Michelin di Torino aveva una caratteristica forse unica nel suo genere: durante la costruzione dello stabilimento si erano lasciati ampi spazi tra un edificio e l’altro al fine di ottenere vere e proprie strade interne; a ciascuna di esse era stato dato un nome, e ogni singolo palazzo o capannone aveva un proprio ingresso con numero civico.
Nel 1920 sorse, per iniziativa di un gruppo di dipendenti, il Dopolavoro Aziendale Michelin Italia per lo svago e la cultura; la prima sede del Club fu in via Verolengo; nel 1938 venne spostata in un edificio attiguo allo stabilimento, sull’altro lato di corso Umbria, progettato dall’ingegnere Giuseppe Canestri. Sempre al 1938 risale la realizzazione della casa per i dipendenti in via Treviso, su progetto di Mario Passanti e Paolo Perona.
Era proprietà della Michelin anche un altro lotto, situato all’angolo tra corso Mortara e via Livorno, che ospitava la scuola si specializzazione per la ricopertura di pneumatici industriali
Negli anni ‘50 la società francese si ampliò inglobando i fabbricati del preesistente Cotonificio Valle Susa e venne coperto il canale della Pellerina; la produzione subì un notevole aumento e l’esportazione raggiunse punte del 40% della produzione. Da allora fino agli anni ’60 lo stabilimento conobbe un grandioso sviluppo, e i dipendenti passano dal migliaio del dopoguerra a circa cinquemila.
Con la costruzione in Piemonte, a cavallo degli anni ’60 e ‘70, di nuovi stabilimenti dotati di macchinari ed impianti moderni, la produzione del vecchio stabilimento di Torino Dora si fece sempre meno competitiva. Il declino dell’azienda divenne inarrestabile nel 1982, quando la realizzazione a Torino Stura di un nuovo reparto di 10.000 metri quadrati fece sì che tutte le lavorazioni venissero via via trasferite e il vecchio stabilimento abbandonato poco alla volta.
Fonte:
http://www.comune.torino.it/comitatopar ... dustriali/