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 Oggetto del messaggio: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 21:47 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Buongiorno a tutti, avvio oggi questo nuovo thread con la speranza di riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di frequentatori del forum intorno a Museogiocando, il museo del giocattolo e del modellismo - anche ferroviario - che dopo nove anni di lavoro è in via di ultimazione a Piticchio di Arcevia, in provincia di Ancona. La sezione di argomento ferroviario si sviluppa su oltre 350 metri quadri e comprende più di mille modelli, dai primi del '900 ad oggi, la maggioranza dei quali sono in funzione su sette plastici, costruiti appositamente, che ripropongono ciascuno una diversa epoca del fermodellismo.
Questo che vi presento è il diorama che si riferisce ai primordi, quando i trenini erano a molla (come i convogli Marklin e Bing) o a vapore vivo come la locomotiva (forse una Carette rivisitata) che fa capolino sulla destra.
Lo sfondo è un collage di immagini (fra cui alcune dell'illustratore americano Norman Rockwell e altre prese da vecchi cataloghi) stampate su forex a grandezza naturale e riprese a pennello dalla pittrice Claudia Carnazzola).


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 21:56 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Questo invece è il plastico "Anni Trenta" sul quale circolano convogli Bing, Marklin, Lionel e Hornby.
Se desiderate vedere un video di questo ed altri plastici potete farlo sul sito http://www.museogiocando.com oppure sulla pagina Facebook Museogiocando.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:03 
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Questo è il plastico "Anni '50, sul quale circolano otto convogli Marklin ante 1960. Come vedete, l'allestimento non è ancora completo.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:09 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Dopo il diorama a scartamento 1 e i due plastici a scartamento 0 e H0, ecco il plastico "Anni '80" a scartamento N.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:19 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Chiedo scusa: la prima cosa che mi direte è come fare a calibrare la dimensione dell'immagine. Comunque, questo è il plastico "Anni Novanta" in H0. E' il più grande (misura 9 metri x 2,5) vi circolano una decina di convogli più gli automezzi del Faller Car System. Purtroppo mancano ancora gli sfondi.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:27 
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Iscritto il: sabato 15 settembre 2007, 8:54
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Ma che bella sorpresa!!!! Finalmente sul forum!!!! Per tutti gli appassionati, non solo di treni, questo è un luogo fantastico.
Ho avuto la fortuna di poterlo vedere due anni fa ancora in allestimento ed era già bello!!! Creato con grande passione, vi dico andate a vederlo appena sarà possibile. A me e a mio padre è piaciuto tantissimo
Un caloroso saluto a tutti e forza andate avanti così.
Stefano


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:28 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Il plastico digitale in H0 che dovrebbe rappresentare lo stato dell'arte del fermodellismo è ancora molto indietro, ma ci stiamo lavorando proprio in questi giorni di isolamento forzato.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:28 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Il plastico digitale in H0 che dovrebbe rappresentare lo stato dell'arte del fermodellismo è ancora molto indietro, ma ci stiamo lavorando proprio in questi giorni di isolamento forzato.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:31 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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estevan0000 ha scritto:
Ma che bella sorpresa!!!! Finalmente sul forum!!!! Per tutti gli appassionati, non solo di treni, questo è un luogo fantastico.
Ho avuto la fortuna di poterlo vedere due anni fa ancora in allestimento ed era già bello!!! Creato con grande passione, vi dico andate a vederlo appena sarà possibile. A me e a mio padre è piaciuto tantissimo
Un caloroso saluto a tutti e forza andate avanti così.
Stefano
Grazie Stefano, non mi aspettavo un riscontro così immediato, e per di più da qualcuno che ci è già venuto a trovare! Seguici, e incalzaci con qualsiasi domanda. Ciao!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 13 aprile 2020, 22:37 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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E per finire (ma solo per oggi, e questa più che una promessa è una minaccia) ecco un'immagine di uno dei convogli LGB che viaggiano sopra alle vetrine dei giocattoli d'epoca, con un percorso va e vieni di circa 40 metri.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 14 aprile 2020, 16:42 
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    Dopo la doverosa presentazione iconografica della pagina precedente, veniamo al sodo: se sono qui non è solo e non tanto per pubblicizzare Museogiocando e fare in modo che non appena le circostanze lo consentiranno veniate a visitarlo e a giocare con noi. Quel che mi preme è completare la documentazione che vorrebbe essere il punto di forza di questa iniziativa. Ciascuno degli oltre cinquemila oggetti della collezione deve infatti essere corredato di tre ( modelli ferroviari e giocattoli d'epoca) o quattro (modelli di auto) schede: una riguardante l'oggetto stesso, una con la storia di chi lo ha prodotto, una per il riferimento reale dell'oggetto ed una per il costruttore del riferimento reale.
    Faccio un esempio partendo dal modello ferroviario T007, il Coccodrillo CCS 800 della Marklin:


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     Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
    MessaggioInviato: martedì 14 aprile 2020, 16:48 
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    Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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    Dopo l'immagine del modellino, passiamo a quella del prototipo reale, il Ce 6/8 delle SBB.


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     Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
    MessaggioInviato: martedì 14 aprile 2020, 16:50 
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    Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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    Ed ecco la scheda del modellino:
    Marklin CCS 800
    Questo modellino a scartamento H0 è un Marklin CCS 800 del periodo 1947-1959. Si tratta di una fedelissima (per l’epoca) riproduzione del Coccodrillo, il locomotore articolato svizzero fra i più famosi al mondo. Questo piccolo gioiello di meccanica fine è lungo 26 cm, è costruito interamente in metallo e perciò pesa ben 960 grammi. Ha tre fanali per senso di marcia e funziona in corrente alternata con il sistema a tre rotaie. L’esemplare in questione, caratterizzato dal raro colore verde oliva, risale al 1951/54 ed oggi spunta quotazioni molto elevate, superiori ai 2.000 euro.
    Bisogna dire che se il Coccodrillo vero – sempre ferroviariamente parlando – gode di fama planetaria, buona parte del merito va ascritta alla Marklin, che dal 1933 in poi lo ha riprodotto in miniatura in tutte le scale e con tutti i materiali possibili, ma sempre dando vita a dei capolavori che hanno scritto e continuano a scrivere la storia del fermodellismo.
    Il primo Coccodrillo Marklin nasce agli inizi degli anni Trenta, ad opera del grande progettista Friedrich Rieker, che lo realizza su ordine del direttore generale dell’azienda, Carl G. Ehmann, il quale era rimasto impressionato dalla possente macchina messa in servizio da pochi anni sulle ripide rampe del San Gottardo.
    Alla Marklin fanno le cose in grande, in tutti i sensi: il Ce 6/8 II svizzero viene riprodotto in due versioni, una per lo scartamento 1 (Spur 1, 45 mm, scala 1/32) lunga 63 cm, ed una, lunga 45 cm, per lo scartamento 0 (Spur 0, 32 mm, scala 1/43) che proprio nel periodo a cavallo fra gli anni Venti e gli anni Trenta si avvia a diventare il più diffuso, soppiantando definitivamente le scale maggiori.
    A parte le dimensioni, le due versioni, entrambe realizzate in lamierino litografato e funzionanti ad una tensione di 20 volt, appaiono molto simili e tutte e due sono caratterizzate dal fatto di avere due assali in meno rispetto al prototipo reale. Secondo una prassi all’epoca ancora diffusa, allo scopo di semplificare la costruzione dei modelli ferroviari, ai Coccodrilli Marklin manca in effetti un asse motore per ciascun carrello, ma la cosa non si nota più di tanto, perché l’asse cieco che aziona il biellismo è grande quasi quanto le ruote motrici, così che l’effetto generale risulta assai realistico.
    Questi due primi Coccodrilli Marklin, classificati CCS66/12920 (Spur 0) e CCS66/12921 (Spur 1), sono dei veri e propri capolavori di meccanica fine, dotati di inversore automatico di marcia, pantografi abbassabili, fanali illuminati, tutte e quattro le porte della cabina apribili, illuminazione interna, connessione per l’illuminazione delle carrozze trainate, respingenti molleggiati e svariate altre finezze. La versione Spur 1 ha tre fanali a luce bianca e un fanale a luce rossa, con commutazione automatica per il senso di marcia; la Spur 0 solo due fanali per ciascuna testata.
    Questi modelli leggendari hanno un solo difetto, ovvero il prezzo, indicato nel catalogo del 1939/40 in 216 marchi per la versione Spur 0 e ben 380 per la Spur 1. E’ un’enormità: tanto per fare un paio di paragoni, la più semplice locomotiva elettrica Marklin dello stesso catalogo, la RS12680 a due assi, costa 14 marchi; e Adolf Hitler, quando nel medesimo periodo commissiona a Ferdinand Porsche la progettazione della Volkswagen, impone che venga a costare non più di 1.000 marchi.
    Comunque, chi avesse comprato un Coccodrillo Marklin negli anni Trenta, avrebbe fatto un buon affare: oggi viaggiano intorno ai 30/40.000 euro, e le quotazioni sono in costante aumento.
    Terminata la guerra, la Marklin riprende a sfornare ferrovie in miniatura, ma i tempi sono grami e non c’è spazio per giocattoli troppo costosi: l’assortimento in scartamento 0 è molto ridotto (cesserà nel 1952) e anche in H0 (16,5 mm, scala 1/87) bisogna attendere il 1947 per vedere apparire un supermodello come il Coccodrillo CCS 800. Dotato finalmente di tutti e 6 gli assi motori, questa riproduzione si distingue per la raffinatezza e la complessità della meccanica e per la ragguardevole, per i tempi, esattezza di riproduzione.
    Realizzato interamente in metallo, il Marklin CCS 800 è lungo, come si è detto, 26 centimetri e pesa più di mezzo chilo. E’ dotato del classico motore con collettore a disco, che in questo caso è però disposto trasversalmente e non longitudinalmente, collegato tramite giunti cardanici e treni di ingranaggi a tutte le ruote motrici di entrambi i carrelli.
    Il locomotore è un po’ fuori misura, risultando in scala 1/80 circa, ma all’epoca è ancora una prassi comune costruire modellini sovrabbondanti (l’italiana Rivarossi continuerà a farlo fino a tutti gli anni ’80!). il CCS 800 è comunque bellissimo e inoltre è Indistruttibile e dotato di una tremenda forza di trazione, per cui si guadagna ben presto un’eccellente reputazione, divenendo l’oggetto del desiderio di tutti i marklinisti (e non solo).
    Dato il prezzo elevatissimo, il Coccodrillo è però un sogno molto spesso irrealizzabile, Ma anche qui c’è da dire che sarebbe stato un buon investimento: i primi esemplari del CCS 800, quelli risalenti al 1947-1948, se risparmiati dalla metal fatigue (la peste dello zinco, che affligge molti die cast realizzati negli anni Trenta e Quaranta) hanno oggi quotazioni da capogiro.
    Negli anni successivi, con l’aumento della produzione, il modellino diventa più accessibile, ma neanche tanto: nel 1954 costa in Italia 25.000 lire, ovvero l’equivalente di un buono stipendio mensile. Nel 1955 il Coccodrillo cambia colore, passando dal verde oliva al verde scuro; nel 1957 cambia la sigla di riferimento, che diventa 3015, e negli anni successivi particolari come i pantografi, i ganci e la forma degli archetti sulla fanaleria continuano ad evolversi, mentre tutto il resto resta sostanzialmente invariato, misure maggiorate comprese.
    Fino al 1975, quando arriva il 3056, che è finalmente in scala 1/87 ma, con supremo sdegno di tutti i puristi del marchio di Goppingen, ha il mantello in plastica. Per questo motivo, il nuovo Coccodrillo, che pure è modellisticamente assai più raffinato del precedente, non viene inizialmente accolto con eccessivo entusiasmo. Il primo modello in livrea marrone, il 3352, rappresentante la versione originale in servizio fino agli anni ’40, vede la luce nel 1987.
    Contemporaneamente, la Marklin introduce (o meglio, visti i precedenti degli anni Trenta, reintroduce) un pezzo formidabile, ovvero il Coccodrillo a scartamento 1. Sin dal 1980, infatti, l’azienda ha ripreso a fabbricare modelli in scala 1/32, ma è solo nel 1987 che lancia il 5755, una stupenda riproduzione del famoso locomotore articolato svizzero, dettagliatissima e dotata di due motori. Per inciso, si tratta del primo modello Marklin a raffigurare un Coccodrillo della prima serie, ovvero un Ce 6/8 II (o uno di quelli trasformati in Be 6/8 II negli anni ’40) caratterizzato dalla biella motrice di forma triangolare. Tutti gli altri, avendo una biella diversa, possono essere considerati dei Ce 6/8 III o (se ambientati dopo il 1956) dei Be 6/8 III.
    Negli anni successivi, i Coccodrilli Marklin in tutte le scale, compresa la microscopica Z (1/220) si moltiplicano, ma questa è storia corrente…


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     Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
    MessaggioInviato: martedì 14 aprile 2020, 17:00 
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    Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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    Ecco la storia della Marklin (incentrata sulla produzione ferroviaria, per il resto c'è un'altra scheda).
    MARKLIN
    Le ferrovie giocattolo sono nate insieme a quelle vere: fin dagli anni ‘40 dell’Ottocento, mentre in tutta Europa cresceva la ragnatela di rotaie su cui sbuffavano le prime locomotive, hanno cominciato ad essere prodotte delle riproduzioni in miniatura che spaziavano dai trenini di legno da trascinare sul pavimento con una cordicella fino a fedeli e costosissimi modelli realmente funzionanti a vapore.
    Una delle prime fabbriche di giocattoli destinate a mettere sul mercato dei trenini di latta con movimento a orologeria viene fondata da Theodor Friedrick Wilhelm Marklin e da sua moglie Caroline nel 1859 a Norimberga, in quella che solo undici anni più tardi diventerà la Germania. Nel 1888 i suoi figli Eugen e Karl modificano il nome dell’impresa in Gebruder Marklin (Fratelli Marklin) e nel 1891 - con una iniziativa che segna indelebilmente la storia del modellismo ferroviario - varano un sistema completo, composto oltre che da locomotive e vagoni, da binari e scambi componibili a piacere.
    Da questo momento, sebbene la ditta abbia prodotto anche ogni altra specie di giocattoli meccanici - Marklin diventa sinonimo di ferrovia in miniatura. I trenini che recano il logo composto da una G e una C affiancate e da una M sovrimposta (Gebr. Marklin & Co), costruiti esclusivamente o prevalentemente in metallo e ancor oggi caratterizzati dal funzionamento “a tre rotaie” in corrente alternata, hanno fatto e continuano a fare la felicità di milioni di bambini di qualsiasi età.
    Il grande successo commerciale riscosso dai suoi prodotti fa sì che la Marklin si imponga, già ai prini del Novecento, come leader del giocattolo ferroviario, dettando le prime norme tecniche della nascente industria del settore. Spronati dalla Marklin, i vari produttori tedeschi (all’epoca sono attivi nomi come Doll, Issmayer, Bing, Carette e diversi altri) si mettono d’accordo per realizzare dei binari con misure prefissate di scartamento, in modo che siano compatibili con i treni giocattolo dei diversi marchi. Si giunge così a definire gli scartamenti I = 45 mm, II = 60 mm e III = 75 mm.
    Visti con l’ottica odierna sono enormi. E giganteschi erano infatti i treni di latta che correvano su questi binari: una locomotiva a scartamento I è lunga mediamente mezzo metro, figuriamoci una a scartamento III! Si tratta di ferrovie adatte alle abitazioni dell’alta borghesia della Bella Epoque, dove lo spazio non era risicato.
    Nel 1912 vede la luce il primo treno elettrico Marklin: non come possiamo intenderlo oggi, bensì, alimentato direttamente nell’elevato e pericoloso voltaggio presente all’epoca nelle case, ovvero a 120 volts in corrente alternata. In alternativa c’è la versione a 4 volt in continua, proveniente da batterie al piombo, anche qui non esattamente il meglio per giochi di bambini. Nei tardi anni Venti compaiono i primi trasformatori, che riducono il periodo di folgorazioni alimentando i trenini con corrente a 20 volts.
    Accanto a questi, continuano comunque ad essere prodotti modelli con funzionamento ad orologeria o a vapore vivo, alimentati con fornelli a spirito. Raffinati e costosissimi, destinati a pochi privilegiati, i modelli Marklin di questo periodo sono oggi disputati dai collezionisti per cifre esorbitanti: una stazione ferroviaria del 1923, in lamierino, dipinta a mano, è stata battuta all’asta recentemente per 35.000 euro!

    I progressi tecnologici che consentono di miniaturizzare i componenti, e la necessità di allargare il mercato anche agli appassionati che dispongono di minori risorse economiche e di meno spazio, induce la Marklin a realizzare ferrovie in miniatura sempre più piccole. Fin dal 1901 l’azienda realizza modelli per lo scartamento 0 (Zero, scala 1/43) di 32 mm, che a partire dagli anni ’30 si affermerà decisamente sul mercato, e nel 1912 propone un sistema chiamato Liliput-Bahn o Midget Trains, a scartamento di 26 mm, che tuttavia incontra scarso successo.
    La gamma dei modelli ferroviari Marklin costruiti fra le due guerre mondiali è straordinariamente ampia e comprende dei veri e propri capolavori, come i vagoni passeggeri dal tetto apribile per consentire di osservare agevolmente il minuzioso arredamento interno realizzato in cartapesta finemente decorata.
    Negli anni Trenta, dopo aver considerato la possibilità di costruire trenini in scala S (1/64, scartamento 22,5 mm), Friedrich Rieker, grande progettista e padre del leggendario “Coccodrillo” Marklin, sceglie la scala 1/90 e adotta lo scartamento H0 di 16,5 mm, così detto in quanto è (all’incirca) la metà (Halb, in tedesco) dello 0 di 32 mm. All’inizio, tuttavia, la dizione è 00. Solo dopo il 1950 viene definitivamente impiegata la sigla H0.
    Nell’autunno del 1935, alla Fiera di Lipsia, Marklin svela il proprio sistema di ferrovia elettrica in miniatura a scala 00, completa di due tipi di motori, carri merci e carrozze passeggeri e un ricco assortimento di scambi e rotaie. La Elektrische Miniatur-Tischbahn 00 viene presentata in questi termini: “Dopo lunga preparazione e studi, abbiamo coronato il sogno di realizzare una nuova ferrovia elettrica in miniatura. Ed è una ferrovia da tavolo. Ma è anche Marklin, disegnata per essere completamente sicura e facile da usare. E’ come i veri treni, solo più piccola”.
    I primi mezzi di trazione offerti sono una vaporiera (R700), con un tender a due assi e un’altra locomotiva elettrica (RS700), assomigliante molto vagamente ad un prototipo elettrico svizzero. Entrambe sono realizzate in pressofusione con leghe allo zinco, mentre la successiva elettromotrice TWE700 è in lamiera stampata. Seppure previsti per la corrente alternata a 16 volts, possono funzionare anche a corrente continua.
    C’è poi un assortimento di carri e carrozze, tra le quali la modesta vettura a due assi (327), che prende spunto dalla famosa “Donnerbuchsen” (la Scatola Tuonante, così detta per il rimbombo della cassa quando le ruote passavano sui giunti del binario). Per i servizi espressi ci sono cinque vetture a quattro assi di lunghezza 175 mm, rispettivamente una carrozza normale, due ristorante, due carrozze-letto. Una ristorante ed una letto portano le insegne della Compagnia Mitropa, cioè la versione tedesca della famosa Compagnia Internazionale “Wagon Lits” (CIWL). Come carri merce la scelta è fra quattro carri a due assi, uno aperto a sponde alte, una cisterna con marchio Shell, uno chiuso ed uno aperto a sponde basse con stanti.
    Un anno dopo la presentazione viene introdotto il primo segnale con controllo dell’alimentazione, dando quindi la possibilità di un realistico comando dei treni. Altri accessori si aggiungeranno in seguito, come la prima catenaria perfettamente funzionante, o ancora la piattaforma girevole, prima manuale e subito dopo elettrica.
    I binari scelti da Marklin, con la terza rotaia centrale continua, interamente metallici, molto solidi, affidabili, semplici da collegare tra loro, rimarranno in produzione moltissimi anni, pur con la evoluzione successiva del sistema di contatto a punti.
    I trasformatori dell’epoca non hanno reostati graduali bensì quattro uscite di distinto voltaggio. Solo nel 1937 viene introdotto un trasformatore con funzionamento senza salti, e all’incirca allo stesso periodo risale il sistema di commutazione della direzione di marcia con un ralais.
    Negli anni 1938-39 viene lanciata la locomotiva a vapore E800LMS, una 2-2-0 con la caldaia e la cabina di stile britannico. In pressofusione, di color rosso ruggine con la parte anteriore della caldaia nera, porta la sovrascritta in oro della compagnia LMS (London, Midland & Scotland). Nel 1939, infine, arriva il tipico gancio automatico con dentino e asola di chiusura. La sua caratteristica è quella di poterne comandare in modo remoto l’apertura quando si trova in corrispondenza dello speciale binario di sganciamento, cui Marklin in seguito aggiungerà anche la segnalazione luminosa.
    Dopo la parentesi bellica, la produzione riprende e nel 1947 viene presentato il mitico Coccodrillo in scala 1/90, versione miniaturizzata di quelle, leggendarie, a scartamento 1 e 0, varate nel 1933. Non che la prima edizione del CCS800, dotata finalmente di tutti gli assi della macchina reale, sia meno preziosa: se risparmiato dalla “peste” dello zinco, un Coccodrillo Marklin del 1947-1948 ha oggi quotazioni da capogiro.
    Il motore usato è quello classico con collettore a disco, che nel Coccodrillo viene posizionato trasversalmente e non longitudinalmente, con l’aggiunta di particolari ingranaggi che trasmettono il moto ad entrambi i gruppi di trazione. Negli anni successivi, con l’aumento della produzione, il modellino diventa più accessibile, ma neanche tanto: nel 1954 costa in Italia 25.000 lire, ovvero l’equivalente di un buono stipendio mensile.
    Nel frattempo, dal 1951, è iniziata la produzione di modelli con soprastruttura in termoplastica. I primi ad arrivare sono tre carri merci, ed il vantaggio - rispetto al lamierino o alle fusioni metalliche - di riproduzioni molto accurate e relativamente economiche porterà progressivamente alla generalizzazione del processo.
    Nel 1958 vengono introdotte le confezioni color azzurro con impresso un bel disegno del modello, oggi molto ricercate, che dureranno fino ai tardi anni Settanta. Di fronte al galoppante successo dell’HO, la produzione di modelli a scartamento 0 termina nel 1952, quindi, per quasi vent’anni, la Marklin, trasferitasi nel frattempo a Goppingen, nel Baden-Wuerttemberg, commercializza esclusivamente ferrovie in miniatura in scala 1/87, evolvendole in vario modo, come attraverso l’introduzione, nel 1969, del nuovo binario K (da Kunststoff, plastica in tedesco) che si affianca al vecchio binario metallico M con massicciata incorporata. Poi, nell’ambito della generale corsa alla miniaturizzazione, la ditta stupisce tutti snobbando la scala N e inventando nel 1971 la Z, con microscopici convogli in scala 1/220 che corrono su binari a scartamento 6 mm.
    Gli anni ’70 sono quelli di una continua espansione: vengono aperti nuovi stabilimenti a Gyor, in Ungheria, e nel 1980 viene ripresa la costruzione di modelli ferroviari in scala 1/32 (scartamento 1, 45 mm). L’acquisizione del marchio Trix, nel 1996, consente di disporre di un vasto catalogo in scala N e di integrare il tradizionale sistema H0 in corrente alternata con modelli in corrente continua (più efficacemente di quanto abbia fatto in precedenza la produzione a marchio Hamo, iniziata nel 1965).
    Sin dalla seconda metà degli anni ’80, Märklin si fa pioniera del funzionamento digitale degli impianti e delle loco, contribuendo ad una radicale rivoluzione del mondo del modellismo ferroviario che renderà in poco tempo obsoleto il vecchio mondo analogico, oggi per lo più confinato al settore collezionistico. Agli inizi del 2006, Märklin acquisisce la ditta LGB, produttrice dei trenoni da giardino in scala 1/22,5. Sembra l’apice del successo: la produzione della Casa di Goppingen spazia su tutte le scale e gli scartamenti, i suoi cataloghi sono veri e propri libri con centinaia di pagine, eppure la crisi è dietro l’angolo: l’11 maggio 2006, un comunicato stampa rende noto che il controllo dell’azienda è passato al fondo britannico Kingsbridge Capital e alla banca d'investimenti Goldman Sachs. Per la prima volta in quasi 150 anni di storia, la famiglia Marklin è esclusa dal management.
    Viene avviato un piano di ristrutturazione, con la chiusura di una filiale a Sonneberg, in Germania, dove lavoravano 400 persone, ma non è sufficiente: scaduti i termini delle linee di credito, gli istituti bancari non prorogano i prestiti, e nel 2008 la Marklin, che accusa un passivo di 21 milioni di euro, è costretta alla amministrazione controllata. Il fallimento viene tuttavia scongiurato e l’attività prosegue. Il 21 dicembre 2010, il Commissario Michael Pluta annuncia la fine dell'amministrazione controllata. I creditori avviano trattative per la cessione delle attività, e nei primi mesi del 2013 la proprietà della Marklin passa alla tedesca Simba Dickie Group.
    Il gruppo nasce nel 1993, dalla fusione della Simba Toys (fondata nel 1982 a Furth da Fritz Sieber e suo figlio Michael) con la Dickie Toys (fondata nel 1971 da Wolfgang Sauerborn) ed ha acquisito con gli anni diversi altri produttori di giocattoli, arrivando ad occupare più di 3.200 persone. Il nuovo management assicura il proprio impegno a far sì che la Marklin possa mantenere la leadership mondiale nel settore delle ferrovie in miniatura ed accrescere ulteriormente il suo prestigio attraverso una produzione di altissima qualità.
    Per inciso, se desiderate saperne di più a proposito degli altri articoli prodotti dalla Marklin in oltre un secolo e mezzo di attività, aprite la relativa scheda marca nelle sezioni dedicate ai Giocattoli o alle Macchine e macchinine.


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     Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
    MessaggioInviato: martedì 14 aprile 2020, 17:03 
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    Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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    E per finire, ecco la scheda del Coccodrillo vero:
    Krokodil SBB – 1919/1982
    Il suo vero nome sarebbe Ce 6/8 (poi mutato in Be 6/8), tuttavia tutti lo conoscono come "Coccodrillo". Il perché di questo soprannome è presto detto: il bestione a ruote è verde, lunghissimo (quasi 20 metri), e quando percorre le curve della linea ferroviaria del Gottardo, per la quale è stato creato nel lontano 1919, le tre sezioni articolate che lo compongono si snodano sinuosamente come il corpo del poco raccomandabile rettile in questione.
    Il nome ufficiale deriva invece dal sistema di classificazione del materiale di trazione utilizzato fino a pochi anni fa dalle SBB, le Ferrovie Federali Svizzere: le due cifre si riferiscono rispettivamente al numero degli assi motori e degli assi complessivi (il Coccodrillo ha 6 assi motori e due portanti, e quindi viene contrassegnato come 6/8); la prima lettera indica la velocità massima (A, superiore a 80 km/h; B, tra 70 e 80 km/h; C, da 60 a 65 km/h) mentre la lettera "e" minuscola, significa che dispone di motori elettrici.
    Visto poi che in Svizzera le locomotive e i locomotori con lo stesso rodiggio sono divisi in serie progressive ( I - II - III - ecc.) e che prima del Coccodrillo era stato impostato un altro mezzo di trazione con la medesima disposizione (entrato peraltro in servizio successivamente), il nostro risulta un Ce 6/8 II, oppure - e più avanti vedremo perché - un Be 6/8 ii.
    La realizzazione di un potente locomotore come il Coccodrillo si rende necessaria per assicurare il traffico merci lungo l’impegnativa linea di valico del San Gottardo - il collegamento più breve tra l’Italia e l’Europa Centrale - inaugurata il 23 maggio del 1882 e comprendente il tunnel ferroviario più lungo al mondo (record che detiene fino al 1906 quando viene aperta la galleria del Sempione).
    In vista della elettrificazione della linea, completata nel 1920 in tensione alternata a 15 kV, nel 1917 le SBB commissionano complessivamente 33 locomotori del tipo Ce 6/8 II. Costruite tra il 1919 e il 1921 dalla Schweizerische Lokomotiv und Maschinenfabrik (SLM) di Winterthur per le parti meccaniche e dalla Maschinenfabrik Oerlikon (MFO) di Oerlikon per le componenti elettriche, queste macchine vengono numerate 14251-14283.
    Dotati di quattro motori e capaci di una velocità massima di 65 Km/h, i Ce 6/8 II si rivelano in grado di trainare, su di una pendenza del 26 per mille, convogli di 450 tonnellate ad una velocità costante di 30 Km/h. I Coccodrilli, che sostituiscono egregiamente le locomotive a vapore, che necessitavano doppie e triple trazioni, diventano rapidamente famosi in tutto il mondo.
    Viste le ottime prove fornite, le SBB richiedono altri 18 locomotori di questo genere, che vengono forniti fra il 1925 e il 1926 e assumono la numerazione 14301-14318. Sebbene molto simili ai 33 precedenti, questi nuovi Coccodrilli, classificati come Ce 6/8 III, presentano numerose modifiche: sono più potenti (2460 cavalli anziché 2.240), più lunghi di 60 cm e più veloci, raggiungono infatti i 65 Km/h. Sono facilmente riconoscibili perché adottano semplici bielle di accoppiamento lineari al posto di quelle triangolari dei cugini Ce 6/8 II.
    Tra il 1942 e il 1947, 13 esemplari della prima serie (Ce 6/8 II) vengono sottoposti ad un radicale aggiornamento: la potenza passa da 2.240 a 3.640 cavalli, il peso si riduce da 128 a 126 tonnellate e la velocità massima cresce a 75 km/h. Di conseguenza, la loro classificazione diventa Be 6/8 II. Gli esemplari trasformati assumono la nuova numerazione 13251-59, 13261 e 13263-13265.
    Nel corso degli anni ’40, tutti i Coccodrilli, dipinti all’origine in colore marrone (con telaio nero) assumono come ogni altro locomotore svizzeri la nuova livrea verde di ordinanza. Nel 1956, i Ce 6/8 III subiscono una piccola trasformazione estetica, con l’eliminazione di due delle porte di accesso in cabina, e una evoluzione tecnica consistente nell’innalzamento della velocità massima, che passa a 75 Km/h. In forza di ciò, diventano tutti Be 6/8 III, con nuova numerazione 13301-13318.
    Fino al 1956, i Coccodrilli svolgono egregiamente il loro lavoro sulle rampe del San Gottardo. Con l'entrata in servizio del nuovo locomotore Ae 6/6, che li sostituisce sulla linea di valico, non vanno tuttavia in pensione e continuano a trainare convogli su tratte meno impegnative. L'ultimo Be 6/8 III, il 13305, viene ritirato nel 1979, mentre l'ultimo Be 6/8 II, il 13254, lavora fino al 1982.
    Tra il 1965 e il 1971, dodici Ce 6/8 II vengono adibiti al servizio di manovra negli scali principali, con la particolare caratteristica di montare un solo pantografo. L’ultimo di essi, il 14276, viene radiato nel 1986.
    Tutti i Coccodrilli hanno in comune il rapporto di trasmissione (1:4,03) e il diametro delle ruote motrici (1350 mm). Per riconoscere i vari modelli si può tener conto del numero delle scalette di accesso alla cabina: i Ce 6/8 II hanno 4 scalette sulla cassa (due per lato); i Be 6/8 II ed i Ce 6/8 III ne hanno due (una per lato) ma solo i primi adottano le bielle a triangolo; i Be 6/8 III non hanno nessuna scaletta sulla cassa.
    Dei 51 Coccodrilli costruiti ne sopravvivono nove, cinque dei quali funzionanti: il Ce 6/8 II 14253, il Be 6/8 III 13302 ed il Ce 6/8 III 14305 (marrone il primo, verdi gli altri due) fanno parte del parco storico delle SBB e circolano sovente, al traino di convogli speciali; Il Be 6/8 II 13254 è esposto nel museo dei trasporti di Lucerna; Il Ce 6/8 II 14270 è usualmente conservato ad Erstfeld, sulla rampa nord del San Gottardo.


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