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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: venerdì 24 aprile 2020, 10:18 
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Avevo dimenticato di dire che verrà garantito vita natural durante l'ingresso gratuito a Museogiocando agli amici che mi aiuteranno a completare la documentazione. Quelli poi che si dimostreranno particolarmente collaborativi potranno anche essere alloggiati - gratuitamente, si intende - nelle camere per gli ospiti predisposte a tale scopo, che qui vi mostro al precipuo scopo di allettarvi.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 9:36 
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Sempre restando in fiduciosa attesa di qualcuno che voglia interagire, proseguiamo, in ordine alfabetico, con le schede dei marchi che hanno fatto la storia del fermodellismo:

BING

Nel 1863 i fratelli Ignaz e Adolf Bing aprono a Norimberga, in Germania, un negozio di giocattoli. Ignaz, che in precedenza ha lavorato come rappresentante, è ben consapevole del potenziale di vendita di questi prodotti e pertanto, dopo un certo tempo, decide di produrli in proprio. Nel 1869 i fratelli aprono una fabbrica in Karolinenstrasse, arrivando ben presto ad impiegare 100 operai ed altri terzisti che lavorano al proprio domicilio. Non è che l’inizio di un percorso che nel giro di alcuni decenni farà della loro ditta, la Gebruder Bing Nurenberg (GBN) una delle maggiori del mondo.
Nel 1890 vengono inaugurati ulteriori laboratori ed una nuova fabbrica di giocattoli a Grünhain, in Sassonia, però i magazzini e l'amministrazione rimangono nella sede storica di Norimberga. Nel 1895 l'azienda diventa una società a responsabilità limitata presieduta da Ignaz, ed è tra le prime, in Germania, a riconoscere l'importanza del mantenimento di buoni rapporti con i lavoratori, che in ogni fabbrica hanno i propri rappresentanti sindacali. I fratelli Bing, peraltro, gestiscono solo l'amministrazione e non si occupano affatto dell'ideazione dei giocattoli, che deputano a specifici progettisti e agli operai più creativi.
Oltre ad un'ampia gamma di utensili e stoviglie per la casa, attrezzature per ufficio, fonografi etc, agli inizi del Novecento la GBN ha in catalogo praticamente ogni tipologia di giocattolo e li esporta in tutto il globo. Nella sua pubblicità, l’azienda vanta il fatto che i propri prodotti possono essere acquistati in qualsiasi parte del mondo civilizzato, dal Sudafrica all'Alaska, e di poter fornire pezzi di ricambio ed eseguire riparazioni in loco.
Per tutto il primo quarto del XX secolo la Gebrüder Bing produce alcuni dei più pregiati giocattoli dell’epoca, rivaleggiando per qualità e ampiezza di cataloghi con l’aristocrazia del ramo attiva a Norimberga, come Marklin, Tippco, Carette e Gunthermann.
Nel 1914, all’inizio della prima guerra mondiale, gli stabilimenti Bing arrivano ad impiegare 5.000 dipendenti, in maggioranza donne, impegnati ad assemblare e rifinire una vastissima serie di articoli meccanici - in un primo periodo dipinti a mano e quindi, dagli anni Venti in poi, finemente litografati con fantastici colori - quali ferrovie, veicoli stradali di ogni tipo fra cui molte pregevoli automobili, aerei, imbarcazioni e macchine a vapore, azionati da sofisticati meccanismi ad orologeria, a vapore o, nell’ultimo periodo, ad energia elettrica.
Il catalogo generale dei giochi e dei giocattoli istruttivi, meccanici, ottici ed elettrici della GBN edito nel 1923 consta di ben 532 pagine. Di esse, 53 sono dedicate ai treni, una quindicina alle automobili, alcune altre alle navi passeggeri e da guerra (provviste di eliche azionate da motori a vapore o da una carica meccanica a molla). C’è poi una scheda illustrativa dell’aeroplano autoplan, con motore ad aria compressa, una selezione di giocattoli scientifici, con numerose applicazioni dell’energia elettrica, e infine vengono presentati i proiettori per il cinema, sia quelli con perforazione Edison, che hanno lampade a petrolio come fonte d’illuminazione, sia alcuni modelli già provvisti di illuminazione elettrica. Questi proiettori sono accompagnati da un elenco di film. Sono presenti anche alcune lanterne magiche, corredate dalle loro pellicole.
Caratteristica della GBN (peraltro comune ad altri marchi dell’epoca, come Doll e Marklin) è la produzione di piccole macchine a vapore: il catalogo del 1923 ne propone ben 26 modelli di vario tipo: verticali, orizzontali, con pistone oscillante e fisso, con il cambio del senso di marcia, con una pompa di alimentazione per la caldaia, con una dinamo incorporata, inoltre, vengono presentati una quantità di accessori che, come nella realtà, possono essere collegati mediante cinghie alle macchine a vapore.
A fare la parte del leone sono tuttavia i treni in miniatura a scartamento 0, 1, 2 o 3 (rispettivamente 32, 45, 60 e 75 mm), a vapore, ad orologeria o elettrici, funzionanti questi ultimi con pile galvaniche a 4 Volt di corrente continua o da collegare direttamente alla rete elettrica a 110 Volt (difficile pensare a dei bambini lasciati da soli a giocare con simili potenziali folgoratori).
Questi modelli, che si distinguono per la finezza della loro esecuzione e spuntano oggi quotazioni di molte migliaia di euro, appaiono corredati da una vastissima serie di accessori: stazioni, banchine, casette per i casellanti, depositi ferroviari, gallerie, semafori, cartelli segnaletici e ponti. La Bing introduce lo scartamento 0 (scala 1/43) nel 1895 e dal 1924 al 1927 propone anche ferrovie in miniatura in scala 1/90, a scartamento 00, di 16,5 mm. Oltre a produrre col proprio marchio treni in stile tedesco, la Bing commercializza modelli in stile britannico attraverso la Bassett – Lowke e la AW Gamage (degli omonimi grandi magazzini londinesi), ed altri ancora per il mercato nordamericano.
Ovviamente, nei cataloghi Bing non mancano le automobili giocattolo, tutte mosse da robusti motorini ad orologeria la cui molla è sostituibile, nel caso eccezionale in cui si rompa, senza dover smontare tutto il meccanismo. Pur costruite rigorosamente in latta, le minuscole vetture riproducono in modo alquanto fedele molti modelli in circolazione nei primi decenni del secolo scorso, come la De Dion Bouton del 1902 o la Ford Model T.
Gli anni migliori, per la Bing, sono quelli della Bella Epoque. Dopo la prima guerra mondiale, infatti, la ditta si trova praticamente precluso il ricco mercato degli Stati Uniti. E’ accaduto che due grandi società americane appartenenti alla Toy Manufacturers Association, la Ives e la Gilbert, hanno fatto pressioni sul governo di Washington per ottenere misure protezionistiche a favore dell'industria statunitense del giocattolo. Come risultato, alla fine del conflitto, quando potrebbero riprendere le esportazioni, la tassazione sui giocattoli tedeschi negli USA sale dal 35 al 70 per cento, con grave pregiudizio soprattutto per la Bing. Inoltre, nel periodo successivo i salari in Germania aumentano considerevolmente, come pure i costi di spedizione e ciò rende sempre meno concorrenziali i prodotti della grande azienda di Norimberga.
Ignatz Bing muore nel 1918, e nel 1919 suo figlio Stephan diventa direttore generale della società. Alla fine del 1920, a causa della terribile inflazione, il valore del marco tedesco scende drammaticamente. Nel 1929, la crisi di Wall Street innesca poi una generale depressione. Nel 1927 Stephan si dimette ed abbandona la società a causa di gravi divergenze d'opinione con il consiglio d'amministrazione. Nel 1933, la Bing va in liquidazione e ciò che resta del suo impero viene diviso tra un gruppo eterogeneo di imprese rivali. Buona parte degli impianti viene acquisita da Karl Bub, che dal 1936 fino allo scoppio della seconda guerra mondiale riprende a produrre - con il proprio marchio - i treni a molla ed elettrici. Falk e Krauss-Fandor rilevano le attrezzature per la produzione dei modelli a vapore, mentre Fleischmann fa lo stesso con quella delle navi giocattolo.
La famiglia Bing, che è ebrea, fugge in Inghilterra per evitare le persecuzioni naziste. Stephan Bing contribuirà ad avviare la parte britannica della Trix, mentre altri dirigenti ex Bing fondano una nuova società dal nome simile: la Trix Express.
Lungo tutta la sua esistenza lavorativa, la Bing usa vari logotipi, stampati o litografati su una piastra, che vengono applicati sulla superficie dei giocattoli. Dal 1882 al 1902 compare una statua che sostiene uno scudo con le lettere GBN (Gebrüder Bing Nürnberg);
dal 1902 al 1906 il logo è un rombo che incornicia tre anelli intrecciati, e in ciascuno di essi ci sono le iniziali GBN; dal 1906 al 1912 gli anelli vengono eliminati e, sullo sfondo, appaiono alcune linee radiali; dal 1912 al 1923 si aggiunge, nella parte inferiore del logo, la parola Bavaria, e infine dal 1923 al 1932 si utilizza il marchio BW (Bing Werkel).


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 9:39 
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Ecco una storia tutta italiana:

BRAL

La Bral è stata la versione autarchica italiana del Meccano (inventato all’inizio del Novecento dal britannico Frank Hornby, padre anche dei Dinky Toys). Le origini del marchio risalgono al 1902, quando Roberto Braglia apre una piccola officina in via Paolo Sarpi, quella che negli anni ’60 sarebbe diventata – e lo è tuttora – la Chinatown di Milano.
Alla Camera di Commercio la ditta viene registrata come “Fabbrica italiana di giocattoli e minuterie metalliche”. In effetti la produzione è diversificata (dagli attrezzi per falegnameria alle cerniere e viteria) e i giocattoli, realizzati in lamiera piuttosto grossolana, non costituiscono l’attività principale.
La svolta arriva grazie ad Arnaldo, figlio di Roberto, che nel 1935 assume la direzione e trasforma la ditta dedicandosi primariamente alla realizzazione di costruzioni meccaniche in lamierino metallico forato, ad imitazione dell’ormai notissimo Meccano di Liverpool. Il “Costruttore Meccanico” Bral viene venduto in una confezione base, per semplici realizzazioni che si possono via via arricchire con pezzi aggiuntivi, e creare così moduli più complessi, in seguito anche dotati di motorini elettrici.
Il successo non manca, giacché il giocattolo, pur molto meno raffinato, è assai più economico rispetto all’analogo prodotto della “perfida Albione”.
Sfruttando l’entusiasmo popolare suscitato dalle imprese aviatorie dei “trasvolatori” dell’era fascista, Italo Balbo in primis, Braglia lancia sul mercato una serie di abbastanza fedeli riproduzioni in scatola di montaggio di aerei della Regia Aeronautica (tra i quali i monomotori stellari Caproni e i Macchi) con risultati - per allora - più che apprezzabili.
Nel dopoguerra la Bral tenta una diversificazione e nel 1952 entra nel mercato del treno elettrico, presentando in scala 1/43 (scartamento 0 = 32 mm) un modello di locomotiva a due assi con tender pure a due assi in due versioni, una italiana ed una tedesca con vistosi spartifumo. Si tratta di una macchina molto pesante realizzata – come tutte quelle successive - in Silumin, una lega di silicio e alluminio molto solida, tanto da venir utilizzata per il monoblocco dei motori delle automobili da competizione. Altra caratteristica di questa lega è l’elevata “colabilità”che permette di utilizzare stampi anche molto dettagliati. Il funzionamento di questi grossi treni giocattolo è a corrente alternata a 20 volt con captazione dalla terza rotaia mediante striscianti, con portaspazzole esterni ed inversione di marcia solo manuale.
Successivamente la produzione si allarga a riproduzioni (piuttosto grossolane) di un locomotore E 424 FS, di un E 636 FS a doppia motorizzazione e di un trifase “tipo Giovi”, ispirato forse all’E 554 FS. Seppure non ricca come quella delle contemporanee Rivarossi e Conti, la Bral offre una scelta di carri e carrozze. Come la Rivarossi in scala Ho, anche la Bral correda i suoi carri merce con automodelli della torinese Mercury, ma ovviamente in scala 1/43. Non mancano vagoncini curiosi, come quello destinato al trasporto di animali venduto unitamente a due vitelli di bachelite e quello “autocelebrativo” costituito da un carro cisterna di colore azzurro col marchio BRAL. Tutto il materiale rimorchiato è realizzato con telai in Silumin e sovrastruttura in lamierino piegato e verniciato.
La produzione rimane comunque incentrata sul Costruttore Meccanico, che anche nel dopoguerra continua a riscuotere un buon successo commerciale, tanto da indurre l’azienda ad entrare nel settore del giocattolo di lusso. Appaiono così alcuni articoli come il Cinebral, un proiettore per filmini 8 mm azionato da un motorino a pile molto rumoroso (ma tanto il sonoro non c’è…) che viene pubblicizzato anche su Topolino. Le pellicole da utilizzare durano un paio di minuti e sono tutte della Warner o della Disney.
Risale agli anni Cinquanta l’introduzione dell’articolo Bral oggi più ricercato dai collezionisti, una fedele riproduzione (in scala 1/8 circa) della Ferrari 500 con la quale Alberto Ascari ha appena conquistato per due volte di fila (1952 e 1953) il titolo mondiale di Formula 1. Si tratta di un modello di pregio, che oggi può raggiungere una quotazione di diverse migliaia di euro. Diversi esemplari della Ferrari Bral vengono commercializzati dalla ditta di liquori Toschi, che inserisce una bottiglia di grappa nella capace carrozzeria metallica della monoposto.
Successivamente, la Bral mette in vendita un’altra riproduzione della stessa Ferrari, in scala più piccola (intorno all’1/15), questa volta in scatola di montaggio, azionata da un motorino elettrico.
Dal 1963, i treni scompaiono improvvisamente dai cataloghi Bral. Sono gli anni in cui si sta concretando la rivoluzione della plastica, che in breve tempo metterà fuori mercato i giocattoli di latta. I treni Bral, oltretutto, sono costosi, realizzati con una lega pregiata ed in una scala abbondante, che presuppone spazi sempre meno disponibili nell’edilizia residenziale degli anni del boom.
Fin dal 1938 la tedesca Marklin aveva lanciato la scala Ho (scartamento 16mm) e negli anni ‘60 la concorrenza sul mercato interno di Rivarossi e Lima è divenuta ormai tale da non lasciare più alcuno spazio a prodotti come i treni Bral, che seguono il destino degli analoghi modelli Conti CO.MO.G.E. e Treni Favero, apparsi e spariti nel giro di una quindicina d’anni.
L’avvento della plastica porterà poi in tutto il mondo all’estinzione anche della maggior parte delle centinaia di epigoni del glorioso Meccano. Mentre è assodato che la produzione della casa di Liverpool sia cessata nel 1975, non è però altrettanto certa la fine di quella del Costruttore Meccanico Bral, le cui scatole coloratissime hanno continuato a circolare fra i banchi dei negozi di giocattoli fino almeno all’inizio degli anni ’80.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 10:25 
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Oops! Avevo saltato la

BILLER BAHN / RAI-MO

C’era una volta il trenino a molla: si girava la chiavetta per caricare a dovere il meccanismo ad orologeria, si azionava la levetta per sbloccare le ruote e la locomotiva con i suoi vagoni al seguito si metteva a correre. Un paio di giri, al massimo, su un ovale di binari di latta, e si ricominciava da capo.
Erano i tempi in cui per forza di cose ci si accontentava di poco. La guerra era appena finita, i soldi, scarsissimi, si spendevano con estrema parsimonia e non era davvero il caso di svenarsi per acquistare i costosi trenini elettrici. E‘ in questo quadro che nella Germania Ovest ancora sotto occupazione delle truppe alleate nasce il marchio Biller Bahn.
Il singolare sistema di ferrovia in miniatura a scartamento ridotto in scala 1/45 ideato dal signor Biller funziona per l‘appunto ad orologeria, ma rispetto ai trenini a scartamento 0 (32 o 33 mm) della Hornby o della Marklin ha il vantaggio di adottare binari minuscoli come quelli in H0, a scartamento 16,5 mm, che occupano assai meno spazio.
Il parco dei rotabili, tutti realizzati in lamierino, con qualche particolare in fusione come le ruote, comprende inizialmente un paio di minuscole locomotive a due assi, una delle quali con tender, ed una serie di vagoncini. Il sistema di binari, con le traversine diradate come quelle delle ferrovie secondarie a scartamento ridotto che in Germania all’epoca ancora abbondano, include scambi (ovviamente funzionanti a mano), incroci, terminali e tutto quello che occorre per realizzare un impianto completo.
Nel giro di qualche anno l’assortimento si allarga a comprendere modelli di locomotive diesel, carri e carrozze a carrelli e molti accessori per movimentare il gioco e renderlo sempre più appassionante, quali stazioni, scali merci, segnali, pensiline, gru e piccole piattaforme girevoli. Per i veicoli c’è solo l’imbarazzo della scelta, visto che i Dinky Toys sono perfettamente proporzionati.
Accanto alle locomotive con motore a molla arrivano in seguito quelle funzionanti a batteria, sempre corredate di un interruttore collocato sulla parte superiore che consente agevolmente di arrestarle, farle ripartire o invertire la marcia.
La Biller Bahn resta in produzione fino agli anni Settanta. Dopo un lungo periodo di oblio, negli anni Novanta il marchio ricompare su alcune scatole di montaggio che erano state commercializzate in precedenza dalla Rai-Mo. Fra queste è degno di nota soprattutto un kit composto da elementi in plastica e in metallo (questi ultimi soggetti talvolta alla cosiddetta peste dello zinco) con i quali è possibile assemblare una raffinata riproduzione del Coccodrillo svizzero Be 6/8 in scala 1/45, motorizzabile.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 10:52 
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Buongiorno, Giovanni.

Non conoscevo questa pregiatissima struttura di Museogiocando. Mi riprometto di venire a visitare il Museo, prima o poi, e di avere il piacere di conoscerti di persona.

Contrariamente a quanti, qui nel Forum possono credere, solo perché curo il thread Museo modelli virtuali, io non ho modelli vintage. Da parecchi anni ho rinnovato tutto il mio parco rotabile con modelli di recente/recentissima produzione.

Questo non vuol dire che io non apprezzi il fascino di modelli, accessori, impianti costruiti qualche decennio addietro. Quando qualcosa batte alla nostra anima e ci riporta al tempo dell'infanzia, per un attimo anche il presente si tinge di rosa e di serenità. Ed è proprio questa piccola/grande magia che tu riesci a compiere mostrandoci le bellissime immagini di Museogiocando.

Un plauso, poi, per l'accuratezza e la dedizione con cui prepari e pubblichi le schede che riepilogano la storia di costruttori famosi e non; alcuni ancora presenti sul mercato, altri scomparsi da tempo. Ho seguito con attenzione ad es. la storia della Fleischmann e ho acquisito così, elementi e dati che non conoscevo. Lo stesso dicasi per la Rai-Mo.

La scheda riguardante il costruttore meccanico BRAL, poi, mi ha davvero riportato alla mia primissima infanzia.

Ogni immagine di questo thrtead costituisce una sorpresa e ci permette di ripescare nella nostra mente - come ho detto - ricordi che magari sembravano caduti nell'oblio e che per un momento ci levano di dosso un bel po' di anni! Questa è la magia che riesci a fare. E non è cosa da poco, credimi. Il "fanciullino" che è in noi non deve irrimediabilmente perdersi dietro il sipario del tempo, anzi, con l'esperienza che abbiamo in età matura - o più che matura come nel mio caso -, tutto quel che ci riporta a quel "fanciullino" viene assaporato, soppesato, gradito e apprezzato meglio.

Continua a farci sognare, Giovanni!
Ti saluto con molta stima. Pierpaolo


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 16:59 
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pierpaolo ha scritto:
Continua a farci sognare, Giovanni!

Grazie Pierpaolo, farò del mio meglio. Intanto, un piccolo incoraggiamento...


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 22:18 
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Confortati dalla benedizione di Giampaolo, proseguiamo con la storia delle ditte:

BUB - KBN

Nel gotha del collezionismo esistono alcuni nomi mitici che hanno fatto la storia del giocattolo e in questo campo la Germania è la nazione che ha dato il più forte contributo. Accanto a marchi come Arnold, Bing, Carette, CKO Kellermann. Distler, Doll, Fleischmann, Gunthermann, Issmayer, Hess, Hausser, Lehmann, Lineol, Marklin, Technofix e Tippco, merita certamente un posto anche Bub.
Le origini dell’azienda fondata a Norimberga da Karl Bub risalgono al 1851, ma la storia dei suoi primi anni è piuttosto nebulosa e difficile da ricostruire. Di sicuro si sa che nello stabilimento situato in Gostendorfer Hauptstrasse al n.48 si costruiscono fin dagli inizi varie tipologie di giocattoli di latta (dapprima colorati a mano mediante smalti, in seguito mediante litografia), riproducenti anche mezzi di trasporto.
La definitiva affermazione del marchio KBN (Karl Bub Nurenberg, ma sono stati usati anche la sigla KB ed un piccolo marchio costituito da un mulino a vento con le tre lettere) avviene a partire dagli anni ’20 del Novecento, quando nello stabilimento, divenuto nel frattempo uno dei maggiori della Germania, si producono molti giocattoli meccanici - soprattutto modelli di auto, treni, aerei e battelli – sovente in joint ventures con altri fabbricanti.
Nel periodo fra le due guerre mondiali la Bub è uno dei principali fornitori di F.A.O. Schwarz, il celebre negozio di New York che li distribuisce in tutti gli Stati Uniti. I giocattoli prodotti dalla Bub sono in genere meno complessi e raffinati dei contemporanei Marklin, Gunthermann o Bing, e tuttavia non mancano di fascino ed originalità. Si segnalano in particolare alcuni modelli di automobile in lamierino litografato con meccanismo ad orologeria: limousine, coupé, torpedo e anche autocarri, tutti di notevole qualità, provvisti in molti casi di sterzo operante, sportelli apribili e anche di fari elettrici, funzionanti a batteria.
Rispetto ad altri pionieri del settore, quali Marklin, Bing o Carette, Bub entra con un certo ritardo nel settore del modellismo ferroviario: solo nel 1903 presenta infatti il suo primo trenino a molla che corre sul pavimento, nel 1905 il primo dotato di binari, e nel 1912 il primo trenino elettrico. Bub non costruisce mai locomotive a vapore vivo. In compenso è una delle prime ditte al mondo ad utilizzare la pressofusione per forgiare i propri modellini.
Realizzati in scartamento 1 e 0 (45 e 32 mm) nel tipico Nürenberger Stil, i treni giocattolo Bub hanno locomotive a vapore di rodiggio 0-2-0 e 2-2-0, mentre le vetture passeggeri e i carri merci sono generalmente a due assi.
Alla morte di Karl Bub, Albert Huck (che aveva sposato la di lui figlia Emma), assume la gestione di KBN sviluppando con Bing, Issmayer e Carette una partnership che permette alle quattro aziende tedesche di mettere in comune diverse parti, realizzando notevoli economie di scala. Altri accordi commerciali vengono stipulati con fornitori esterni di accessori come Kindler & Briel (la futura Kibri) di Böblingen e Carl Bochmann (Cabo) di Dresda.
Nel 1917 la Bub rileva molti disegni e attrezzature della Carette e nel 1932 incorporerà anche buona parte del tooling di Bing, le sue filiere e la sua organizzazione di vendita. Per questo è difficile in taluni casi stabilire con certezza quali giocattoli sono opera completamente della Bub e quali derivano invece da progetti e stampi delle altre due marche.
Fin dai primi anni ‘20, Bub mette in catalogo modelli di treni britannici nelle livree LNER (London and North Eastern Railway) e GWR (Great Western Railway), funzionanti sia a molla che con la corrente. Negli anni ’30, per mantenere la forte presenza acquisita in precedenza dai prodotti Bing sul mercato del Regno Unito, più rilevante di quello americano ormai dominato dalle imprese locali, e per ovviare alle conseguenze della crescita delle tasse d'importazione in Gran Bretagna, Bub apre uno stabilimento ad Aylesbury per produrre giocattoli col marchio KB-Toy.
Durante gli anni della depressione seguita al crollo di Wall Street del 1929, Bub riesce a sopravvivere mantenendo bassi i costi di produzione grazie all’impiego di lamierino molto sottile, senza peraltro pregiudicare la qualità dei suoi giocattoli meccanici, alla cui progettazione si dedica con successo il figlio di Albert ed Emma, Heinz Huck, entrato fin da giovanissimo nell'impresa di famiglia.
Nel 1938, alla morte del padre, Heinz assume la direzione degli stabilimenti, che pochi anni dopo finiscono completamente distrutti dai bombardamenti aerei. Nel dopoguerra la produzione, mantenutasi fedele allo schema della latta litografata, riprende con difficoltà: vengono costruiti giocattoli di qualità piuttosto scadente, sempre più incalzati dalla concorrenza della plastica giapponese.
Nella seconda metà degli anni ’40 viene lanciata una linea di ferrovie modello in scala 1/64 (scartamento 22,5 mm) che però non riesce ad essere competitiva rispetto alla sempre più diffusa H0 e si risolve in un fiasco commerciale. Un ultimo tentativo di produrre treni elettrici in scala H0 ed N dotati di un inedito motore disegnato da Heinz Huck viene avviato nel 1964, ma due anni dopo l’azienda è costretta a chiudere i battenti.


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MessaggioInviato: sabato 25 aprile 2020, 22:36 
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E veniamo al marchio forse più amato dai collezionisti:

CARETTE

Figlio di un meccanico parigino, Georges Carette nasce in Francia nel 1861; segue quindi, giovanissimo, la madre Babette, di origine tedesca, allorché ella fa ritorno in Germania dopo essersi separata dal marito, nel 1886.
In seguito, Babette si risposa con Salomon Siegmund Hopf, un uomo d’affari di Norimberga che è cugino dei fratelli Ignaz e Adolf Bing, proprietari di quella che nei decenni successivi diventerà una delle più importanti aziende produttrici di giocattoli del mondo.
Con il sostegno economico del patrigno, Carette mette in piedi nel 1892, in Schillerstrasse, una piccola azienda nella quale realizza component per conto della ditta Bing. Grazie al suo ingegno di progettista di giocattoli meccanici, Carette si guadagna la fiducia dei fratelli Bing ed ampia progressivamente l’attività cominciando a realizzare dei propri modelli.
Una creazione in particolare riscuote un grande successo nel 1893 alla World Columbian Exposition di Chicago: il primo tram giocattolo in assoluto funzionante realmente ad energia elettrica. Può aiutarci a comprendere la portata dell’evento il fatto che la prima tramvia elettrica “vera” fosse stata inaugurata a Berlino soltanto 12 anni prima, nel 1881.
Questa, ed altre brillanti invenzioni, consentono a Carette di affrancarsi nel 1895 dai Bing e mettersi in proprio, fondando insieme a Paul Josephstal la Georges Carette & Co, società dedita alla fabbricazione di "optische, mechanische und elektrische Spielwaren" (giocattoli ottici, elettrici e meccanici).
La nuova azienda si segnala fin dall’inizio per la qualità dei suoi prodotti, che spaziano dalla Lanterna Magica (l’antenata dei proiettori di diapositive) alle giostre, dalle macchine stazionarie a vapore ai modelli navali, tramviari e ferroviari. Questi ultimi, soprattutto, sono fra i migliori dell’epoca: costruiti in latta e ottone, negli scartamenti 0 (32 mm), 1 (45 mm), 2 (65 mm) e 3 (90 mm), sono dotati di motori ad orologeria, a vapore vivo, oppure, a partire dal 1898, elettrici.
Le prime locomotive funzionanti realmente a vapore, dotate di motore a pistone singolo, bruciatore ad alcool e rodiggio 0-2-0, vengono vendute in confezioni comprendenti anche due o tre vagoni e un cerchio di binari. Il materiale rotabile Carette è disponibile anche con ganci compatibili con quelli adottati dalla Marklin, in modo da consentire agli appassionati di comporre convogli con articoli delle due marche.
Aperto alla collaborazione, Carette stringe accordi con altre due aziende di Norimberga, la Issmayer e la Karl Bub, che porta all’utilizzo in comune di varie componenti, con reciproci vantaggi economici.
Gli affari vanno a gonfie vele, e nel 1898 Georges sposa Margarete Pauline Lederer. Malgrado un furioso incendio che nel 1903 distrugge buona parte della fabbrica, l’azienda continua ad espandersi ed estende la sua attività avviando la produzione di modelli sempre più perfezionati di autovetture.
Realizzate in scale fra 1/10 e 1/15 circa, costruite in lamiera inizialmente dipinta a mano e poi finemente litografata, le automobili Carette sono dei veri e propri capolavori: dotate di pneumatici di gomma e motori a molla, risultano molto realistiche anche giudicandole secondo i canoni attuali e indiscutibilmente sono le migliori immesse sul mercato negli anni precedenti la prima guerra mondiale. Di conseguenza sono oggi le più ricercate dai collezionisti, che se le contendono a cifre anche superiori ai 10.000 euro.
Non che i modelli ferroviari siano poi molto da meno. Georges Carette è ritenuto uno dei più ingegnosi inventori del suo tempo: i suoi studi ed i suoi brevetti, fra i quali un meccanismo per l’inversione di marcia delle locomotive giocattolo funzionanti a vapore, avranno una notevole influenza sull'evoluzione delle ferrovie modello.
Nello stabilimento di Schillerstrasse, ampliato e ammodernato, si producono agli inizi del Novecento, oltre ad una varietà di squisite locomotive, carri e carrozze, accessori come piattaforme girevoli, fabbricati ferroviari, lampioni, segnali e personaggi, nonché un tram con binari e filo aereo, in scartamento 0 e 1.
Nel 1905, il socio Paul Josephtal, amico del produttore inglese di articoli ferroviari Wenman Joseph Bassett-Lowke, induce Carette a creare ex novo modelli di locomotive e carrozze per il mercato britannico, secondo gli elevati standard locali che già richiedono realismo e fedeltà di riproduzione in scala. Nasce così la Lady of the Lake a scartamento 1, considerato il primo modello in scala di una locomotiva prodotto commercialmente su larga scala. Ad essa faranno seguito la Claud Hamilton, la Smith Compound ed una gigantesca Stirling Single a scartamento 3.
Nel 1910, la britannica Caledonian Railway ordina 30.000 modelli di una piccola locomotiva a scartamento 0 alla Basset-Lowke, che passa la commessa a Carette. Costruiti a Norimberga, i modellini verranno venduti nelle stazioni della compagnia ferroviaria.
Risale a questo periodo l’introduzione della tecnica cromolitografica, che progressivamente sostituisce la complessa e costosa verniciatura a mano. L’assortimento Carette intanto comprende, oltre ai modelli ferroviari e le stupende automobili, vari tipi di aerei e dirigibili, navi passeggeri e da guerra, nonché proiettori cinematografici, lanterne magiche, microscopi, telescopi, giocattoli scientifici ed una serie di modelli di centrali a vapore e relative macchine utensili, tali da poter realizzare un’intera fabbrica in miniatura.
Nel 1912, il catalogo Carette consta di 200 pagine. Nello stabilimento di Schillerstrasse lavorano 450 fra operai e impiegati amministrativi, mentre la produzione viene esportata in tutta Europa. La Carette & Cie ha propri punti di vendita a Berlino in Ritterstrasse 93, ad Amburgo in Hopfenmarkt 1, a Londra in Fitsbury Square 8, a Parigi in Rue de Turenne 64, e a Vienna in Mariahilferstrasse 19/21.
L’intera produzione della ditta è caratterizzata da un design particolarmente elegante e da una sofisticata tecnologia che riesce a distinguersi anche nell’eccellente panorama dei celebri giocattolai di Norimberga dei primi decenni del XX secolo. Il sapiente uso della cromolitografia, soprattutto, non cessa di sorprendere ancora oggi per l’accostamento dei colori e la nitidezza dei dettagli.
Quando l’Europa viene travolta dalla prima guerra mondiale, Georges Carette è annoverato tra i più grandi produttori di giocattoli della Germania. Avendo tuttavia mantenuto la cittadinanza francese e nonostante abbia sposato una donna tedesca, all'inizio del conflitto, per scongiurare il rischio di un arresto, Georges è costretto a fuggire in Francia con la moglie e due figli. Solo la figlia Cunegonde rimane a Norimberga.
Nell'agosto del 1914 la sua impresa viene messa in amministrazione controllata sotto la gestione di Friedrich Pergher. Paul Josephtal riesce in qualche modo a proseguire l'attività, ma nel 1917, quando anch'egli viene richiamato alle armi col grado di capitano, la Carette viene chiusa e liquidata.
La maggior parte delle attrezzature viene rilevata dalla Richard Bauer GmbH, una consociata di Bing. Riguardo alle ferrovie in miniatura, gli allestimenti per la produzione dei modelli continentali sono acquistati dalla KBN (Karl Bub Nurenberg) e quelli relativi alle locomotive e alle carrozze in stile britannico da Bassett-Lowke, che continuerà a vendere essenzialmente la stessa gamma Carette che prima importava, ma costruendola d’ora in avanti in Gran Bretagna.
George Carette passa il resto della sua vita con la moglie Margarete a Chantilly, una cittadina a nord di Parigi, senza mai più interessarsi di giocattoli. Muore l'8 gennaio 1954, all'età di 93 anni.


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MessaggioInviato: domenica 26 aprile 2020, 11:56 
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Ciao Giovanni.

E' stata una sorpresa, per me, vedere le foto al vero, delle piccole loco da manovra della Baltimore & Ohio. Non le avevo trovate da nessuna parte. Quella senza tender è uno dei pochissimi modelli vintage che mi sono tenuto. Troppo caratteristica!

Puoi fare, quando hai tempo, una scheda sulla CONTI CO.MO.GE ? Mi pare però che tu stia seguendo, per le schede, un criterio alfabetico, ma tanto alla C già ci sei arrivato :)

Di nuovo complimenti e cari saluti. Pierpaolo


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 26 aprile 2020, 17:21 
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Per un circa un decennio, o forse più, a partire dal 1964 la Rivarossi mise in catalogo e pose in commercio, col suo marchio, alcuni modelli Trix. Molti ricorderanno il diesel tedesco riproposto in versione Ferrovia Valle Seriana.

Questa qui invece è la riproduzione della loco Der Adler (L'aquila) con alcuni carri passeggeri.
La motorizzazione era nella prima carrozza, quella chiusa (in tutto erano tre carrozze, nella confezione) e risultava abbastanza rumorosa.

Il modello è interessante, secondo me, anche perché, con i dovuti distinguo, ricorda vagamente la Bayard e relative carrozze conservate nel Museo di Pietrarsa.

Ricordo un numero della famosa rivista H0 edita da Rivarossi in cui si vedevano un paio di foto di questo convoglietto sul plastico di Wuppertal; plastico itinerante, che negli anni Sessanta a titolo dimostrativo fece il giro di mezza Europa.

Io ho conservato questo convoglio e ogni tanto lo faccio camminare sul plastico come Treno storico. Ho cambiato alcuni colori ai vagoni, però perché davano troppo l'idea della plastica, infatti non erano verniciati. Ho anche autocostruito un carro in più, aperto; ho modificato il tender della Rocket (la loco è ormai inservibile, fu prodotta dalla Triang e messa in commercio anche dalla Lima) girando la botticella di novanta gradi così da posizionarla in senso longitudinale rispetto al binario, a simulare un rudimentale carro botte d'epoca; ho riciclato la carrozza inglese che stava dietro la Rocket cambiando anche in questo caso i colori e infine ho realizzato una carrozza reale.
Ovviamente la Der Adler non poteva trainare, al vero, tutti questi vagoni, così li alterno, un po' per volta, dietro a quello motorizzato.
Magari queste mie creazioni di fantasia, che non stonano affatto dietro la locomotivetta d'epoca, le mostrerò in seguito nel settore del Forum che riguarda appunto elaborazioni dei modelli.


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MessaggioInviato: domenica 26 aprile 2020, 21:51 
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[quote="pierpaolo"]Puoi fare, quando hai tempo, una scheda sulla CONTI CO.MO.GE ? /quote]
Pronti, caro Pierpaolo, e complimenti per il Der Adler.

CONTI

I treni elettrici Conti fanno la loro apparizione nel 1947, ma la ditta ha radici ben più antiche: esiste dal 1889 e fino allo scoppio della seconda guerra mondiale ha prodotto cavalli a dondolo di legno e bambole con gli occhi di strass luccicanti.
A mutare l’indirizzo dell’azienda, che ha sede a Bollate, in provincia di Milano, è l’incontro dei titolari con i cugini Primo, Secondo e Aldo Parretti, già dipendenti delle Ferrovie dello Stato, che nell’immediato dopoguerra hanno fondato la società COstruzione MOtori Giocattolo Elettrici, abbreviato in CO.MO.G.E.
Nasce così un accordo in base al quale i modelli realizzati dalla CO.MO.G.E. verranno commercializzati col marchio Conti. Il primo è una automotrice elettrica di colore giallo che si richiama alla Ale 880, realizzata in alluminio in approssimativa scala H0, della lunghezza di 32 cm. e provvista di un solo motore a corrente alternata con grossi portaspazzole che fuoriescono dalla fiancata. Viene venduta con la dotazione di 12 binari curvi e 10 diritti, eventualmente con il corredo della “palificazione” e di metri 5 di “filo aereo”.
Dopo questo esordio, i cugini Parretti si cimentano addirittura nella riproduzione del famoso elettrotreno ETR 200. Realizzato in pressofusione di alluminio (come del resto sarà per tutta la produzione futura, quanto meno per le motrici) e dotato di due carrelli motorizzati alle estremità, alimentati anche per via aerea, il modello è lungo 76 cm, e le carrozze sono illuminate. Ne verrà costruita anche una versione a due sole casse, colorate di azzurro.
Il successo della nuova avventura commerciale della Conti è immediato e nel 1949 il laboratorio della CO.MO.G.E. viene trasferito presso lo stabilimento di Bollate, assai ampio e raccordato con la rete delle Ferrovie Nord per le spedizioni. La produzione si è infatti diversificata: oltre ai goffi binari a tre rotaie in ottone della serie economica e ad altri, sempre a tre rotaie, ma con attacchi in filo armonico d’acciaio, nella seconda metà degli anni ‘50 inizia la produzione di binari a due rotaie cave con traversine in plastica e attacco a baionetta. Il livello qualitativo della produzione cresce nettamente con il passaggio dalla fusione di alluminio in stampi a conchiglia alla pressofusione.
Col primo sistema infatti il prodotto risultava, oltre che di rilevante spessore e peso, anche poco dettagliato ed ancor meno lo era dopo le pesanti verniciature necessarie per nascondere i difetti di fusione. Invece con la pressofusione le carrozzeria risultano più sottili e quindi anche meno pesanti e soprattutto più dettagliate.
Quanto alla produzione, il catalogo del 1958 riporta ormai quasi 300 articoli tra materiale rotabile (motrici e vagoni), armamento (binari di varia misura, scambi manuali e automatici), accessori (semafori e trasformatori di cui uno, il più potente da 60 watt, può alimentare ben quattro circuiti indipendenti ed è dotato di quattro pulsantiere per l’azionamento degli scambi e una uscita di corrente alternata per gli accessori) ed edifici.
Le motrici sono per lo più modelli di fantasia, ma non mancano le riproduzioni - sia pur molto approssimative – dell’E 424 e dell’E 428 FS. Tra le locomotive, il modello di punta è la Gr 685 FS, prodotta dal 1950 al 1954, quando viene ritirata perché eccessivamente costosa.
Riguardo al materiale rimorchiato, il set di prestigio è costituito da tre carrozze della Ciwl col relativo bagagliaio a porte scorrevoli. Diversi carri sono corredati con modelli di auto e di camion prodotti dalla Mercury di Torino.
Non mancano gli accessori, realizzati in lamierino litografato, come la stazione ferroviaria dotata di illuminazione interna e la casa cantoniera con l’operaio che ne esce grazie ad un congegno meccanico azionato dal passaggio del treno. Curiosa la galleria in cartapesta con affissi ad un ingresso il cartello “Venezia” e all’altro il cartello “Trieste”.
La Conti CO.MO.G.E. è però ricordata specialmente per il suo Settebello, riproduzione (accorciata da sette a tre carrozze) del più prestigioso dei convogli italiani dell’epoca. Fornito in due versioni, per corrente continua al prezzo di Lire 22.000 e in alternata al prezzo di Lire 25.000 (equivalenti allo stipendio mensile di funzionario di buon livello), il Settebello diventa il sogno di tutti i fermodellisti, ma per ovvie ragioni finisce per essere realizzato in pochissimi esemplari, uno dei quali si narra sia stato donato al famoso baritono Gino Bechi, primo presidente della Federazione Italiana di Modellismo Ferroviario, in occasione di una sua visita allo stabilimento di Bollate.
Malgrado tutto, la joint venture Conti CO.MO.G.E. non riesce a reggere la concorrenza italiana ed estera: da qualche anno è ormai in corso un irreversibile passaggio dal trenino giocattolo al trenino modello: la Rivarossi si è già avviata su questa strada, contrastando validamente le tedesche Marklin e Fleischmann, la francese Jouef e la britannica Hornby, mentre il settore di fascia bassa è dominato dalla Lima.
La Conti accusa crescenti difficoltà: i cavalli a dondolo non interessano più nessuno da un pezzo e per quanto riguarda le bambole occorre tenere presente che nel 1959 fa irruzione dagli Stati Uniti anche nel mercato italiano una certa Barbie…
Incapace di adeguarsi alle nuove tendenze, nel 1960, dopo oltre settant’anni di attività, la Conti chiude i battenti dopo aver ceduto il ramo d’azienda relativo ai treni alla ditta Cicchetti, un importante operatore milanese nel settore del giocattolo, che proseguirà la produzione ancora per qualche anno.


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MessaggioInviato: lunedì 27 aprile 2020, 20:43 
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Proseguiamo con:

C.R. ROSSIGNOL

Fondato nel 1868 a Parigi da Charles Rossignol, del quale riprende le iniziali, il glorioso marchio francese C.R. produce per quasi un secolo alcuni dei più bei giocattoli meccanici del mondo, dotati di un fascino particolare che oggi li rende ricercatissimi dai collezionisti.
L’attività inizia con balocchi a buon mercato, quelli che in francese sono detti "jouets de bazar" e in inglese “penny toys”, in lamierino dipinto a mano, per passare poi ad articoli più impegnativi, finemente litografati in colori vivacissimi, quali treni, automobili, camion, aerei, battelli, carrozze, robot e ogni sorta di altri giocattoli con movimento ad orologeria.
A Charles Rossignol si devono numerosi brevetti, uno dei quali risulterà fondamentale per lo sviluppo dell’industria del giocattolo: quello del sistema di assemblaggio tramite linguette di metallo da ripiegare in asole ricavate nello stesso foglio di latta ritagliato a macchina. Registrato nel 1889, l’anno della prematura morte, a soli 50 anni, del geniale inventore, tale sistema pratico ed economico verrà in seguito sviluppato dai fabbricanti specializzati di Norimberga, dando un formidabile impulso alla realizzazione di ogni sorta di giocattoli meccanici in latta litografata.
Nella sterminata produzione della Rossignol, che dopo la morte del fondatore viene guidata dal figlio, si segnalano parecchi interessanti veicoli, a volte di notevoli dimensioni, ma soprattutto un gran numero di modelli ferroviari. I primi, semplicissimi, sono destinati ad essere tirati con cordicelle direttamente sul pavimento di casa, ma ben presto arrivano quelli a molla ed elettrici, e le rispettive rotaie.
Fin dal 1890 Rossignol commercializza alcune ingenue ma affascinanti riproduzioni di locomotive a vapore a rodiggio 0-3-0, verosimilmente ispirate al tipo Bourbonnais, da trascinare per terra o dotate di motori a molla, aventi uno scartamento di circa 65 mm. Già nel 1905, però, arriva sul mercato la prima confezione che oltre ad una bella locomotiva a rodiggio 2-1-0 e relativo tender a due assi comprende anche due carrozze a carrelli ed un ovale di binari sul quale il trenino può correre come quelli veri.
Visibilmente ispirata alle locomotive americane dell’Ottocento, la vaporiera Rossignol del 1905/1910, laccata in arancione, costruita in metallo stampato con ruote in fusione e dotata di un robusto motorino ad orologeria, viene oggi battuta all’asta per cifre iperboliche,
Le ferrovie in miniatura marcate C.R. sono realizzate nel corso degli anni in diversi scartamenti: 28 mm, 33 mm o 35 mm, ma dopo la fine della prima guerra mondiale la produzione viene unificata nello scartamento 0 (32 mm).
Fino a tutti gli anni Venti l’assortimento di materiale rotabile Rossignol è limitato alle locomotive a vapore, dalla più semplice a due assi ad una bella 2-2-0 (più avanti disponibile anche in versione carenata). Nel 1928 vengono introdotti i primi modelli a motore elettrico, alimentati tramite una terza rotaia centrale, e nel 1932, due anni dopo che l’azienda cambia nome in Roitel, Rossignol & Cie, compaiono le prime riproduzioni di locomotori nonché delle celebri automotrici a benzina Bugatti. Vendute in confezioni riccamente illustrate contenenti uno, due o tre elementi, le Bugatti della Rossignol restano in produzione fino agli anni Cinquanta.
Oltre al materiale rotabile, C.R. fabbrica una vasta serie di accessori quali stazioni, tunnel, suonerie, segnali, carretti per il trasporto dei bagagli, sempre caratterizzati da vivaci litografie. Se i trenini prodotti da Rossignol mantengono sempre l’aspetto di giocattoli, senza alcuna pretesa di rappresentare alcun determinato modello reale, ciò non può dirsi per i veicoli stradali, alcuni dei quali, come i magnifici autobus introdotti negli anni Venti, sono riproduzioni abbastanza fedeli dei coevi automezzi in servizio pubblico per le strade di Parigi.
Assai interessanti sono anche i camion dei pompieri, i veicoli militari e le vetture tranviarie, proposti in numerose varianti nel corso degli anni Venti e Trenta. Meno attraenti risultano invece le automobili e i grossi autocarri prodotti negli anni Cinquanta, quando la Rossignol comincia ad avvertire gli effetti della crisi che la porterà nel 1962 alla definitiva chiusura.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 28 aprile 2020, 16:31 
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DISTLER


Le origini della società, il cui nome completo è Metallwarenfabrik Johann Distler KG, risalgono al 1895, allorché Johann Distler fonda a Norimberga una fabbrica che nell’arco del ventennio successivo mette in commercio una vasta serie dei cosiddetti penny toys, giocattoli economici venduti appunto per pochi centesimi, fra cui dei trenini senza alcun tipo di meccanismo d'azionamento.
Dopo la prima guerra mondiale la Distler comincia a fabbricare auto e treni mossi da meccanismi a molla, ampliando progressivamente la gamma dell’offerta. Malgrado la morte del fondatore, avvenuta nel 1923, l’azienda prospera sotto la guida di Braun e Mayer, entrati ad affiancare Distler fin dal 1917. Il numero dei dipendenti passa dai 50 anteguerra agli oltre 120 del 1930.
I giocattoli marcati Distler non possono competere con la qualità dei più blasonati modelli di Bing, Bub, Doll, Fleischmann e Märklin, tuttavia il catalogo Distler del 1930 arriva a comprendere ben 850 articoli diversi, fra auto, treni, aerei etc.
Come molti altri imprenditori di origine ebraica, all’avvento del nazismo i due soci sono costretti a cessare l’attività e nel 1936 emigrano in Israele dopo aver ceduto la propria azienda, ben al di sotto del valore di mercato, a quel Ernst Voelk che nel 1938 rileverà anche la Trix di Stephan Bing.
Voelk mantiene il marchio Trix separato dalla Distler, la cui produzione rimane incentrata principalmente sui penny toys. A Distler competono i trenini di latta a molla da vendere nel circuito dei grandi magazzini e delle ditte di vendita per corrispondenza, mentre
Trix commercializza quelli a motore elettrico di maggior qualità, anche nelle nuove piccole scale H0 e 00 (quest’ultima destinata al mercato britannico).
Tra la produzione Distler della seconda metà degli anni ’30 non mancano comunque giocattoli meccanici di un certo pregio, oggi ben quotati sul mercato del collezionismo, fra cui alcune riproduzioni di aeroplani e autoveicoli, soprattutto camion dei pompieri.
Ricostruito lo stabilimento totalmente distrutto durante la seconda guerra mondiale, Voelk riprende a costruire quei giocattoli di fantasia che avevano caratterizzato la produzione della Distler fin dai primi anni di vita, affiancandovi alcune gradevolissime auto di latta dotate di motori elettrici e servocomandi.
Dal 1950 viene ripresa anche la produzione di trenini elettrici di latta in scala 0 e H0, dotati di un motore brevettato e funzionanti a batteria. Questo impegno non consente peraltro alla Distler di reggere l'assalto dell'agguerrita concorrenza di aziende più grandi, che offrono modelli di migliore qualità: ormai l'epopea dei treni di latta è già finita, e di questi giocattoli non c'è più richiesta.
Nel 1962 l'azienda viene chiusa, gli impianti ed il marchio vegono ceduti ad una società belga con sede a Nivelles che assume il nome di Distler Toys SA, ma anch'essa non riesce a sopravvivere, e nel 1968 cessa definitivamente la produzione.


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MessaggioInviato: martedì 28 aprile 2020, 16:33 
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DOLL

La Doll et Cie viene fondata a Norimberga nel 1898 dal lattoniere Peter Doll e dal suo socio Isodor Sondheim; fino allo scoppio della prima guerra mondiale l’azienda fabbrica quasi esclusivamente giocattoli azionati dal vapore, come locomotive, automobili e mini macchine stazionarie, che vengono esportati in tutta Europa e negli Stati Uniti.
Nel 1914 si aggrega come terzo socio Max Bein, nipote di Sondheim, che cambia indirizzo alla produzione aggiungendo prima quella di trenini con meccanismo a molla, poi quella di treni elettrici che riscuotono un grande successo.
Nel primo dopoguerra gli affari vanno a gonfie vele, ed in azienda lavorano ben 250 dipendenti. Il catalogo della Doll comprende una grande varietà di articoli di pregio, fra cui alcuni dei migliori giocattoli a vapore dell’epoca, oggi ricercatissimi dai collezionisti.
Con l’avvento del nazismo, tuttavia, vengono promulgate le famigerate “leggi di Norimberga”, che vietano espressamente qualsiasi attività di business con gli ebrei.
I tre soci sono tutti di origine ebraica e nel 1938 la Doll è una delle ultime aziende di proprietà semita a capitolare, cedendo l'attività alla famiglia Fleischmann (che aveva già in precedenza acquistato il tooling di Bing), con l'accordo segreto che questa la restituirà ai legittimi proprietari, qualora in futuro il regime nazista lasci il potere.
I Fleischmann sono anch’essi di origine ebraica, ma erano riusciti ad ottenere il certificato d'arianità, cosa che non era stata possibile per Doll e soci.
Solo Max Bein sfugge all'olocausto riparando con la famiglia negli Stati Uniti. Della sorte capitata agli altri due non si sa nulla.
Nel 1946 la Fleischmann offre a Bein di restituirgli l'azienda, ma il sopravvissuto, che ormai si è stabilito a Boston, non accoglie la proposta e richiede solo il rimborso della propria quota azionaria.
Il marchio Doll continua a venire utilizzato dalla Fleischmann fino alla fine del 1949. Dal 1950 in avanti, le sue centrali stazionarie a vapore, molto diffuse negli anni ’50 e ’60, vengono commercializzate col marchio Fleischmann.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 29 aprile 2020, 13:56 
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Località: la citta' della 3 t: torri, tortellini e ...
Salve Joker,
pur non essendo un estimatore del treno giocattolo ( a parte il RR in 1:80, con cui iniziai quest' hobby nei lontanissimi primi anni '80 ), sono sempre stato interessato alla storia del treno giocattolo.
Il treno giocattolo e' il papa' del treno modello. Anzi, a mia maniera di vedere le cose, il treno modello e' il treno giocattolo diventato adulto per seguire la passione dei bimbi che si son fatti grandi…
Ricordo che seguii con attenzione una serie di articoli pubblicati sull' argomento su Model Railroader negi anni '90.
Mi rileggero' con attenzione tutti i tuoi topic.
Prosegui così.
E non far caso a chi critica senza vere argomentazioni, pretestuosamente, giusto per il gusto di rompere gli zebedei. Purtroppo anche questo Forum non e' esente da troll.
Saluti
Stefano.


Ultima modifica di bigboy60 il mercoledì 29 aprile 2020, 16:53, modificato 1 volta in totale.

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