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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 29 aprile 2020, 16:26 
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Sempre restando in tema di articoli Trix inclusi nel catalogo Rivarossi e messi in commercio negli anni Sessanta/Settanta, caro Giovanni, inserisco anche questa foto del locomotore elettrico svizzero Ae 4/4 della BLS.

Questo modello l'ho tenuto nella mia vetrina per quasi quarant'anni, fino a quando ho deciso di conservare i modelli di produzione più recenti e di acquistarne altri, sempre di concezione più attuale e che soprattutto fossero la riproduzione di macchine italiane.

Il locomotore in questione era molto robusto, tutto in metallo, paragonabile ad altri locomotori costruiti dalla HAG.. Il funzionamento era ed è rimasto sicuro ed affidabile. Si noti la parte anteriore dei carrelli che facevano corpo unico col pancone e con la parte bassa della cassa attigua ai frontali delle cabine di giuda. Ciò per consentire passaggi in curva senza problemi. Era una soluzione antiestetica ripresa anche in altri modelli, ma a quel tempo non si gridava allo scandalo. Era possibile anche la captazione tramite catenaria. I finestrini in cabina erano oscurati; quelli laterali erano invece opacizzati. Ovviamente non erano a filo cassa.

Rammento che alcuni modelli Trix prendevano corrente da una rotaia tramite le ruote, come si usa normalmente; dal lato opposto, invece di avere di avere molle di presa corrente sulle ruote, avevano adottato la soluzione di montare sul telaio della macchina due minuscoli pattini molleggiati, alle estremità anteriore e posteriore, che facevano contatto con l'altra rotaia e assicuravano la connessione del motore con l'altro polo di corrente.
La macchina era venduta in due colorazioni, come al vero: marrone o verde.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 29 aprile 2020, 20:16 
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pierpaolo ha scritto:
La macchina era venduta in due colorazioni, come al vero: marrone o verde.

A Museogiocando c'è quella verde: eccola qui, in posa e in giro su uno dei plastici.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 29 aprile 2020, 20:19 
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Proseguiamo con le storie dei marchi:

HAFNER

Abile meccanico, William Frederick Hafner crea nel 1901 un eccellente motorino ad orologeria per conto della Toy Auto Company di Chicago, che lo utilizza in alcune auto giocattolo di propria produzione. Molto in anticipo sui tempi, nel 1905 Hafner mette a punto un treno in miniatura a scartamento 0, ovviamente con motore a molla, e si mette in società con un amico, William Ogden Coleman, per rilevare la Edmonds-Metzel Hardware Company, una officina meccanica di Chicago.
Hafner e Coleman costruiscono diversi modelli di trenini, che inizialmente vendono tramite due grossisti: G. Sommers & Co e Montgomery Ward. Nel 1908 decidono di adottare il marchio American Flyer e riscuotono un crescente successo, erodendo quote di mercato all’azienda all’epoca leader del settore negli Stati Uniti, la Ives.
I rapporti fra i due soci tuttavia si guastano, e nel 1913 Hafner lascia l’azienda per fondarne una sua propria. L’anno successivo nasce la Hafner Manufacturing Company, che produce e vende treni giocattolo marcati Overland Flyer. Sommers accetta di distribuirli e cessa di trattare gli American Flyer.
Per alcuni anni i prodotti delle due marche restano molto simili, lasciando supporre l’esistenza di una collaborazione.
Nel 1918, a William Hafner si affianca il figlio John, che prosegue l’attività improntando la produzione all’insegna della semplicità e al basso costo. Negli anni Venti il marchio diventa Hafner, ma i prodotti restano dei giocattoli, mentre al contrario le ferrovie in miniatura American Flyer vanno progressivamente evolvendosi come riproduzioni in scala.
Già in difficoltà durante gli anni della depressione seguita al crollo della borsa di Wall Street del 1929, la Hafner è duramente colpita dalle restrizioni imposte durante la seconda guerra mondiale e nel 1950 impianti e marchio vengono ceduti alla All Metal Products Company, proprietaria del marchio Wyandotte. Nel 1955, quando anche quest’ultima ditta è costretta a chiudere, gli stampi della Hafner sono rilevati dalla Louis Marx di New York.
Con qualche rara eccezione, i prodotti marcati Hafner non sono particolarmente ricercati dai collezionisti, se non come tipici esempi di giocattoli economici destinati al grande pubblico americano.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 29 aprile 2020, 23:15 
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Passiamo adesso ad un marchio amato soprattutto dai plasticisti, che apprezzano la robustezza e la funzionalità delle locomotive di questa azienda svizzera:

HAG

Forti di anni di esperienze lavorative nel settore della metallurgia, i fratelli Hugo e Alwin Gahler iniziano nel 1937 a San Gallo, in Svizzera, un’attività part-time, costruendo treni giocattolo di latta. In occasione delle festività natalizie del 1942 lanciano il loro primo set in scala 0, completo di binari, che viene distribuito dal famoso negozio Franz Carl Weber di Zurigo.
Incoraggiati dal successo, i fratelli lasciano i loro impieghi e in un piccolo locale preso in affitto fondano, il primo aprile del 1944, la società Hag (H. & A. Gahler). Agli inizi la produzione riguarda solo materiale in scala 0. Offerti in due versioni, per il sistema a tre rotaie in corrente alternata e per quello a due rotaie in corrente continua, i treni elettrici Hag cominciano ad affermarsi sul mercato, e nell’estate del 1947 la produzione viene trasferita in nuovi e più ampi locali a Parketteriestrasse, sempre a San Gallo.
Nel 1948, è la Hag a lanciare la prima riproduzione della locomotiva elettrica Re 4/4 I, in scala 0, e negli anni immediatamente successivi la produzione si espande rapidamente, includendo carri, carrozze e accessori. I primi anni ’50, tuttavia, vedono l’affermarsi dello scartamento H0 e il rapido declino delle ferrovie modello a scartamento maggiore.
Ciò induce i fratelli Gahler a lanciare nel 1954 i loro primi modelli in scala 1:87, che incontrano subito un lusinghiero successo. Al punto che nel 1957 la linea in 0 viene abbandonata e da allora in avanti l’intera produzione fermodellistica Hag sarà in H0, incentrata su riproduzioni di materiale rotabile svizzero improntate alla qualità e alla robustezza, con largo impiego di fusioni in lega metallica e molte lavorazioni eseguite a mano.
Una caratteristica dei modelli Hag è che le loro fusioni sono praticamente esenti dalla cosiddetta “peste dello zama”, il che li rende durevoli e apprezzabili dai collezionisti.
Non eccessivamente raffinati, pesanti e indistruttibili, proverbiali per la loro affidabilità in pretto stile elvetico, i treni elettrici Hag, sempre disponibili sia per il sistema Marklin (AC 16 volt) sia per quello a due rotaie (DC, 12 volt), incontrano negli anni Sessanta e Settanta una crescente popolarità, facendo dell’azienda di San Gallo il più importante marchio svizzero di ferrovie modello. Emblematica di questo periodo è la riproduzione dell’automotrice elettrica delle SBB RAe 2/4 Roter Pfeil (Freccia Rossa).
La produzione Hag è in larga prevalenza incentrata su rotabili delle ferrovie svizzere, ma a differenza di altri produttori, l’azienda fondata dai fratelli Gahler riproduce soltanto prototipi a scartamento ordinario: SBB (Ferrovie Federali Svizzere), BLS (Bern Lotschberg Simplon), BTD (Bodensee Toggenburg Bahn), MthB (Mittlethurgaubahn), SOB (Südöstbahn) e solo in anni relativamente recenti ha allargato la sua produzione a modelli di locomotive tedesche e italiane.
Entrato in azienda nel 1971, il figlio di Alwin, Werner Gahler, prende nel 1979 il posto del padre alla guida della società, che nel 1982 si trasferisce in un nuovo stabilimento a Mörschwil.
L’assortimento Hag continua ad accrescersi di nuovi modelli e a partire dal 1988 il vecchio motore a collettore piatto va in pensione e viene sostituito da un nuovo tipo a collettore cilindrico, meno rumoroso e più potente.
Nel 1993 Alwin Gahler muore, all’età di 82 anni. Nel 1994 la Hag entra nel settore degli automodelli con due riproduzioni in scala 1:43: una Porsche 911 ed una Ferrari 288 GTO. Solo quest’ultima sarà in effetti commercializzata, in colorazione rossa, nera o argento.
Nel 2001 scompare anche Hugo Gahler e due anni più tardi entra in azienda Roger, figlio di Werner Gahler. In questo periodo la Hag vara i suoi primi modelli digitali, realizzati in collaborazione con la tedesca Esu, dotati di decoder a 21 poli.
La numerazione dei prodotti Hag cambia dal 2007: abbandonato il vecchio sistema a tre cifre, viene adottato un codice a 7 od 8 cifre che permette l’immediata identificazione di quelli digitali, con suoni, a corrente alternata o continua. Carri e carrozze usano codici a 5 cifre.
Nel 2009 viene lanciata la riproduzione del locomotore Ae 8/8 della BLS, in colorazione verde o marrone di origine, un modello che nella versione dotata di quattro motori viene presentato come il più potente mai costruito in grande serie. L’azienda però attraversa un periodo di difficoltà finanziarie e il primo gennaio 2012 viene acquisita dalla Tekwiss Engineering di Hagedorn. Le scorte di ricambi sono cedute alla Amiba Engine Shed, che ne assicurerà la distribuzione.
Pochi mesi dopo, la proprietà del marchio Hag passa ad Heinz Urech, che trasferisce la produzione a Stansstad, dove negli anni successivi vengono realizzati diversi nuovi modelli fra cui la SBB Re 4/4 II, la SBB Ae 6/6, la SBB Re 420 e la BLS Re 465, nonché la SBB Ae 4/7 in scala N.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: giovedì 30 aprile 2020, 7:46 
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Buongiorno.

Stavo leggendo la storia di Hag e ad un certo punto si scrive: "...altri produttori elvetici come Bemo..."
Bemo è svizzera? Non è una società Tedesca?

Ciao!
Antonio


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: giovedì 30 aprile 2020, 9:05 
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Località: Brescia
BEMO Modelleisenbahnen GmbH u. Co KG
Stuttgarter Strasse 59
D-73066 Uhingen
Fon: 0 71 61 - 38 998 - 0
Fax: 0 71 61 - 38 998 - 10
eMail: mail(at)bemo-modellbahn.de
 
Geschäftsführer:
Dipl.-Ing. Gunter Beuttenmüller, Volker Göbel Betriebswirt VWA
Sitz der Gesellschaft: Uhingen / Registergericht Ulm HRA 531670
USt-IDNr. DE185256165, MWST-Nr. CH: 744223, WEEE-Reg.-Nr. DE98072597

Uhingen è una cittadina tedesca di 13.895 abitanti, situata nel land del Baden-Württemberg.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: giovedì 30 aprile 2020, 10:50 
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E' vero! La Bemo è tedesca, hanno perfettamente ragione Antonio e Crosshead, che saluto con simpatia e ringrazio per avermelo segnalato. Mi sono confuso per via del fatto che Bemo costruisce meravigliosi modelli delle Ferrovie Retiche. Provvedo a correggere e proseguo, molto confortato dal fatto di avere dei lettori così attenti e competenti.
Ecco un pezzo da 90:

HORNBY

Nato nel 1863 a Liverpool, nell’Inghilterra nordoccidentale, Frank Hornby inizia la sua avventura nel mondo dei giocattoli costruendo piccole riproduzioni in latta per i figli. Ed è proprio per realizzare modelli diversi tra loro che gli viene l’idea di forare alcune lastre di ferro in modo da poterle montare le une sulle altre. Nel 1901, Hornby brevetta la sua invenzione chiamandola inizialmente Mechanics Made Easy, ovvero "la meccanica per tutti", perché si basa sui principi fondamentali dell’ingegneria meccanica.
Ad ogni confezione è accluso un manuale di istruzioni che suggerisce alcuni esempi di ciò che è possibile costruire con le barre metalliche perforate, le pulegge e gli ingranaggi in esse contenuti: ponti, gru, locomotive, autocarri, ecc.
Il nuovo ritrovato ottiene successo e nel 1907 viene fondata a Liverpool la Meccano Ltd, destinata a produrre uno dei giocattoli più famosi del mondo occidentale, la cui risonanza sarà tale da trasformare il marchio in un vero e proprio nome generico: oggi il termine meccano designa qualsiasi gioco di costruzione in metallo ispirata al fratello più famoso. E le imitazioni del Meccano sono davvero tante: il sito britannico OSN (Other Systems Newsletter) ne elenca più di 500, realizzate nel corso di più di un secolo in 40 diversi paesi, almeno dieci delle quali sono tuttora in commercio.
Grazie al Meccano, Frank Hornby diventa ricchissimo; va in ufficio in Rolls Royce e nel 1915 pubblica una autobiografia intitolata L’uomo che ha guadagnato un milione di sterline con un giocattolo. In realtà, i giocattoli che si devono alla sua genialità sono più d’uno: oltre che del Meccano, Hornby è infatti il padre degli omonimi modelli ferroviari e dei Dinky Toys, i più famosi modelli di auto del mondo in scala 1/43, che nascono proprio come complemento per i suoi trenini.
L’introduzione dei primi treni Hornby a scartamento 0 (32 mm) risale alla prima guerra mondiale, allorché il blocco delle importazioni dalla Germania fa improvvisamente scomparire dai negozi del Regno Unito i modelli ferroviari costruiti da Bing, Marklin e Bub. All’epoca sono attive negli stati uniti grande marche come Ives, Lionel e American Flyer, che tuttavia hanno scarsissima diffusione in Europa.
Per supplire a tali carenze, intorno al 1920 Hornby mette in commercio modelli costruiti con latta litografata e dotati di motorini ad orologeria, semplici, robusti e relativamente economici. Nascono così le locomotive a due assi e tender separato n° 0 e n° 1, realizzate in livrea verde, rossa e nera, vendute in un’elegante scatola realizzata con un particolare cartone similpelle.
A partire dal 1925, ai trenini Hornby a molla si affiancano quelli elettrici, alimentati direttamente in corrente alternata a 110 volt. Essi viaggiano su binari di latta a tre rotaie in cui quella centrale (isolata con pezzetti di sughero) costituisce il polo positivo, in contatto col motorino della locomotiva tramite un pattino strisciante, mentre le due laterali sui quali poggiano le ruote assicurano il ritorno della corrente. Nel 1929 si passa alla corrente continua a 6 volt, assai meno pericolosa, e nel 1931 alla corrente alternata a 20 volt fornita da un trasformatore, tuttavia i treni a molla restano i più diffusi.
E’ il periodo d’oro per il Meccano e per i treni Hornby, che grazie anche a una massiccia pubblicità, alle strepitose copertine dei cataloghi e ai seducenti coperchi delle confezioni arrivano a farsi conoscere in tutto il mondo. Dopo la creazione della filiale francese (nel 1925, a Bobigny, nei pressi di Parigi) ne vengono aperte altre in Spagna e negli Stati Uniti.
All’epoca Hornby fabbrica anche giocattoli scientifici, nonché modelli da montare di automobili, aerei e imbarcazioni, ma insieme al Meccano, locomotive e vagoni rappresentano il core business della ditta. La gamma dei modelli ferroviari Hornby è molto ampia e comprende sia quelli fabbricati a Liverpool, che generalmente recano i nomi delle principali compagnie ferroviarie all’epoca attive in Gran Bretagna, come la LNER (London and North Eastern Railway), la LMS (London, Midland and Scottish) e la Southern Railway, sia quelli fabbricati nella succursale francese, che recano i nomi delle linee locali.
Tra le più famose locomotive elettriche Hornby a scartamento 0 ci sono la stupenda Pacific Princess Elisabeth, le Atlantic Royal Scot e Flyng Scotsman, la Planet (2-2-0) County of Bedford, la locotender Special Tank e la B’B’ Metropolitan. Tra quelle costruite negli stabilimenti francesi del marchio, diretti dal figlio del fondatore, Roland Hornby, che godono di una certa autonomia produttiva rispetto alla casa madre di Liverpool, il posto d’onore spetta alla magnifica riproduzione dell’automotrice Bugatti, ma meritano una menzione anche i convogli Train Bleu e Flèche d'Or.
Nei cataloghi Hornby si trovano anche moltissimi modelli di carrozze passeggeri, vagoni ristorante, vagoni letto e di carri merci aperti e coperti nelle diverse livree di proprietari privati, vagoni cisterna con la pubblicità della benzina, vagoni gru, ecc.
Nel complesso, si tratta di articoli di qualità leggermente inferiore a quella dei coevi prodotti di Marklin e Bing, tuttavia l’assortimento di accessori è ragguardevole: Hornby offre ponti e viadotti, tunnel, stazioni, caselli ferroviari, passaggi a livello, fattorie, cottage, mulini e chiese in latta litografata. In pratica tutto ciò che serve a creare un mondo in miniatura.
Nel 1931 vengono introdotte le Modelled Miniatures, che comprendono alcuni trattori, carri agricoli, personaggi, animali e cabine telefoniche, realizzati in pressofusione. Poi, nel 1933, appare la prima serie di veicoli, la mitica numero 22, composta da sei esemplari. Nel 1934, le Hornby Modelled Miniatures cambiano nome in DinkyToys. Questi modellini, ovviamente, sono in scala 1/43, perché pensati come complemento dei trenini a scartamento 0, i cui 32 mm risultano circa 43 volte più piccoli dello scartamento standard delle ferrovie reali, il cosiddetto scartamento Stephenson, di 4 piedi e 8 pollici e mezzo, che è di 1.435 mm.
In realtà, il rapporto più giusto sarebbe 1/45, e in effetti i vecchi Dinky, pur oscillando parecchio, sono per la maggior parte in questa scala. Quella ufficialmente indicata è tuttavia la 1/43, che farà scuola, rimanendo ancora oggi la più diffusa, mentre i Dinky Toys faranno storia a sé, diventando i più famosi, e i più ricercati, fra i modellini di automobili.
Nel 1936, due anni dopo la morte di Frank Hornby, viene avviata la produzione di una ferrovia modello a scartamento 16,5 mm, detto 00 (che in inglese si pronuncia daubl-ou). Di qui la denominazione Hornby Dublo. La scala del binario è 1/87, ma a causa dei limiti della miniaturizzazione dell’epoca, ne viene usata una più abbondante (1/76) per i rotabili, costruiti non più in latta ma in pressofusione.
Questo tipo di miniferrovia, introdotto nel 1935 dalla Marklin, ottiene subito un certo successo, ma riuscirà ad imporsi come protagonista del fermodellismo solo dopo la lunga interruzione della produzione dovuta alla seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto la ripresa dell’attività è lenta, e i modelli a scartamento 0, assai costosi, trovano scarsi acquirenti nella difficile situazione economica del dopoguerra. Hornby decide di puntare sullo scartamento più piccolo, riducendo l’assortimento in 0 e lanciando nel 1959 un’edizione riveduta del sistema Dublo, non più a tre bensì a due rotaie e con la sovrastruttura dei rotabili realizzata in materia plastica.
La stessa politica viene seguita dalla filiale francese, che nel 1961 lancia la ferrovia modello Hornby ACH0 in corretta scala 1/87, pubblicizzata come “la vera H0” (half zero, cioè metà dello scartamento 0 da 32 mm). Di qualità migliore rispetto ai contemporanei Jouef e meno cari dei Jep, gli Hornby made in France riscuotono inizialmente i favori del pubblico, ma il vento sta cambiando: gli anni Sessanta portano profondi mutamenti nei gusti degli adulti e soprattutto in quelli dei bambini, che abbandonano le costruzioni meccaniche per dedicarsi a diversi passatempi (o semplicemente per guardare la televisione). Di conseguenza le vendite del Meccano precipitano, mentre la concorrenza di nuove marche di treni elettrici e modellini di auto rende la vita sempre più dura sia all’Hornby Dublo che ai Dinky Toys.
La Hornby accumula un crescente passivo finché nel 1964 tutta l’impresa, compreso Meccano e Dinky Toys, viene acquistata dalla Lines Brothers, gigante britannico del settore, che per i suoi giocattoli adotta il marchio Tri-ang (perché i fratelli Lines sono tre, come i lati del triangolo).
Sotto la nuova proprietà la produzione continua, ma la produzione dei treni a scartamento 0 viene arrestata e la gran parte degli Hornby Dublo in 00 viene sacrificata per lasciare spazio ai più appetibili modelli costruiti a Margate dalla Rovex Scale Models, in precedenza inglobata dalla Tri-ang. Questi trenini assumono peraltro il marchio Tri-ang Hornby, mentre gli stampi Harnby Dublo vengono ceduti alla G&R Wrenn di Basildon.
Nel 1971, l’impero costruito dai fratelli Lines collassa a sua volta, e gli stabilimenti Meccano in Gran Bretagna sono ceduti alla Airfix, mentre quelli in Francia passano all'americana General Mills; quanto ai treni elettrici, gli ex Tri-ang Hornby passano alla Dumbee-Combex-Marx, che torna a commercializzarli come Hornby Railways. Sopravvive Meccano France, che tuttavia cessa nel 1974 la produzione della linea Hornby ACH0.
Nel 1980, dopo il fallimento del gruppo Dumbee-Combex-Marx, surclassato dalla concorrenza di Palitoy e Wrenn, il marchio Hornby viene rilevato da un gruppo di ex dipendenti che danno vita alla Hornby Hobbies. Il 29 ottobre 1986 si costituisce la New Hornby, quotata alla borsa di Londra, che trasferisce in Cina l’intera produzione, riducendo sensibilmente i costi e macinando profitti tali da consentirle di acquistare nel 2004 la spagnola Electrotren e il gruppo Lima, Rivarossi, Jouef, Arnold, nonché nel 2006 la Heller. La Airfix e la Humbrol e nel 2008 la Corgi Classic Limited.
Attualmente la New Hornby marcia a gonfie vele, anche se molti dei modelli che figuravano nei cataloghi delle ditte assorbite nel corso degli anni sono stati falcidiati. La produzione corrente spazia dalla serie Thomas the Tank, destinata ai più piccoli, all’Hogwarts Express di Harry Potter, fino a comprendere raffinati modelli di treni di tutte le nazionalità, compreso una incredibile riproduzione in scala H0, funzionante realmente a vapore, della Mallard LNER detentrice del record mondiale di velocità.


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A proposito della HAG. Inserisco foto dell'elettromotrice-bagagliaio svizzera tipo BDe 4/4 della SBB CFF FFS. Produttore HAG. Anno 1985 circa. Ho tenuto questo bel modello fino a quando ho deciso di conservare e comprare solo riproduzioni di rotabili italiani. Ma era molto bello davvero


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Della Hornby invece segnalo questo mio modello.

Locomotiva inglese tipo Pacific "Gannet" della NE. Mantello della locomotiva in metallo. Scala 1:80 circa. Produttore Hornby. Fine anni Cinquanta/Sessanta.


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pierpaolo ha scritto:
A proposito della HAG. Inserisco foto dell'elettromotrice-bagagliaio svizzera tipo BDe 4/4 della SBB CFF FFS. Produttore HAG. Anno 1985 circa. Ho tenuto questo bel modello fino a quando ho deciso di conservare e comprare solo riproduzioni di rotabili italiani. Ma era molto bello davvero


Era gia' in scala esatta 1:87 o nella scala un po' abbondante che usava HAG nel passato ?
Saluti
Stefano.
P.S.: bellissima, adoro le elettromotrici in generale e quelle elvetiche in particolare...


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bigboy60 ha scritto:
pierpaolo ha scritto:
A proposito della HAG. Inserisco foto dell'elettromotrice-bagagliaio svizzera tipo BDe 4/4 della SBB CFF FFS. Produttore HAG. Anno 1985 circa. Ho tenuto questo bel modello fino a quando ho deciso di conservare e comprare solo riproduzioni di rotabili italiani. Ma era molto bello davvero


Era gia' in scala esatta 1:87 o nella scala un po' abbondante che usava HAG nel passato ?
Saluti
Stefano.
P.S.: bellissima, adoro le elettromotrici in generale e quelle elvetiche in particolare...


Ciao Stefano. L'elettromotrice HAG in foto era già in scala 1/87 esatta
Cari saluti. :D


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Nuovo arrivo a Museogiocando: BB9200, Marklin 3038, 1965, elaborata con cabina di guida particolareggiata (opera di Giorgio Bonifacio).


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Sempre a proposito di HAG

Locomotore svizzero Re 4/4 II "TEE" SBB FFS

Telaio e carrozzeria in metallo. Bellissima la riproduzione delle cabine di guida.
Il catalogo lo dava per H0. A me sembrava più 1/80 che 1/87. Funzionava alla grande, comunque.


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pierpaolo ha scritto:
A me sembrava più 1/80 che 1/87. Funzionava alla grande, comunque.

Sì, forse era un po' più grossa del dovuto, ma quanto a funzionamento, le Hag sono sempre state dei muli...


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: venerdì 1 maggio 2020, 19:02 
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Proseguiamo la serie storica con un marchio italiano prestigiosissimo, più noto in verità per altri suoi giocattoli che non per i suoi articoli fermodellistici:

INGAP

Dire INGAP vuol dire giocattoli in lamiera litografata, specialità nella quale la ditta di Padova, fondata nel 1919 e attiva fno al 1972, eccelle fin dagli inizi, quando le sue maggiori rivali si chiamano Alemanni, Marchesini e Cardini. Negli ultimi anni, quando la sua parabola è ormai in discesa, realizza anche modelli in plastica non certo esaltanti, ma non per questo scartati dai collezionisti.
lnsignita di vari premi ed onorificenze, l’Industria Nazionale Giocattoli Automatici Padova è senza dubbio la più importante e famosa azienda italiana del settore nel periodo fra le due guerre mondiali. In oltre mezzo secolo di attività ha sfornato una imponente mole di giocattoli di tutti i generi tenendo testa all'agguerrita concorrenza straniera: dalle auto agli aerei, dai treni alle navi, dai mezzi militari a quelli agricoli, dai pupazzi a una grande varietà di giochi per bambine. l pezzi più ambiti dai collezionisti d'auto sono naturalmente quelli prodotti negli anni Venti e Trenta: nel vasto assortimento troviamo vetture, auto da corsa, camion, autobus, veicoli militari, trattori di vario formato. Particolarmente rinomata è la sua serie storica delle vetture Fiat.
Fondata nel 1919, la Ingap, probabilmente nasce per contrastare la massiccia importazione dalla Francia, dall’Inghilterra e dalla Germania, dovuta all’inesistente produzione industriale del nostro Paese, dove infatti sono attive all’epoca in questo settore solo piccole fabbriche a conduzione familiare.
La Ingap fa il suo ingresso in società in occasione della Seconda Fiera Industriale di Prato della Valle, nel giugno del 1920. Alla fabbrica, fondata da Pietro Zanelli, viene dato il nome INGA (acronimo di Industria nazionale Giocattoli Automatici), a cui nello stesso anno si aggiunge la lettera P, per Padova, la città dove la ditta nasce e si sviluppa. Fino al 1972, anno in cui è costretta a chiudere i battenti, la ditta firmerà i suoi giocattoli con un marchio in cui l’acronimo Ingap è contenuto all’interno di un rombo.
Nel 1922 si associano a Pietro Zanelli due membri della famiglia Casale, il commendator Anselmo e il cavalier Tullio. Grazie alla loro spiccata originalità, i prodotti sfornati dall’azienda di Padova incontrano subito il favore del pubblico nazionale, e già verso la metà degli anni Trenta i giocattoli Ingap cominciano ad essere esportati non solo in Europa, ma anche in America.
Il numero degli addetti alla produzione passa dai venti operai nel 1920 ai 600 del 1938, oltre ad un massiccio apporto esterno di tutto l’indotto creato intorno a Padova. Sempre nel 1938 la Ingap può disporre di 15.000 metri quadrati di fabbricati, con laboratori, officine, magazzini e altri locali al servizio dell’impresa, e i suoi brevetti superano ormai le quattrocento unità. La ditta si specializza in giocattoli meccanici: le pagine dei suoi cataloghi abbondano di riproduzioni di automobili, motociclette, treni, barche, navi e aeroplani.
Uno dei giocattoli più divertenti prodotti dalla Ingap è il Pinocchio con triciclo, realizzato in latta litografata e funzionante grazie a una carica meccanica a molla. Dato che il burattino ha le articolazioni snodate, quando la carica muove il giocattolo sembra che Pinocchio pedali. Un altro esemplare degno di nota è il Gatto Felix, posto alla guida di un piccolo veicolo a tre ruote. Il felino è ritto sulle zampe posteriori mentre quelle anteriori sono appoggiate al manubrio; l’effetto, ovviamente, è che quest’ultimo sia spinto avanti e indietro dal buffo personaggio, ma in realtà avviene proprio il contrario. La luna piena litografata sulle tre ruote rivolge una smorfia divertente a chi la guarda.
Gli anni d’oro della Ingap coincidono col periodo decò, e infatti i suoi giocattoli sono decorati secondo i dettami dell’epoca, come il il trattore Pavesi con il numero di riferimento 561 e la Bugatti 606 (entrambi introdotti nel 1930), la Maserati 2000 (1934), il fuoribordo 779 (1935) e vari altri modelli. La pratica tocca il suo apice con il modello dell’idrovolante 1.230: nella parte anteriore della cabina è disegnata la testa di una carpa, in stile giapponese, mentre il resto della fusoliera e le ali sono decorate in modo da simulare le onde del mare.
I fantasiosi giocattoli Ingap sono caratterizzati dalle rifiniture e dalla vivacità dei disegni, ma prendono anche molto dai coevi prodotti francesi, tedeschi e americani. Un esempio dell’ispirazione americana si può vedere nell’automobile che si impenna, simile al Cowboy della Marx. Il meccanismo è il medesimo e la differenza tra i giocattoli sta nel conducente: nel modello di Ingap si tratta di un pagliaccio vestito con pantaloni trattenuti da bretelle, mentre in quello di Marx c’è un Cowboy.
A differenza dei produttori di Norimberga, che nel periodo fra le due guerre sfornano centinaia di modelli di treni in miniatura assai complessi, dotati di motori a vapore od elettrici oltre a quelli ad orologeria, la Ingap commercializza solo trenini a molla, che in alcuni casi neppure corrono sulle rotaie, come la locomotiva Breda 565 (1932), fornita di un singolo pantografo e di otto finte ruote visibili, mentre il giocattolo procede grazie a quattro ruote motrici nascoste all’interno della struttura. Solo nel catalogo del 1950 appariranno le locomotive elettriche della serie 2000 e quelle della serie 900, tutte con la carrozzeria di latta litografata.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale ridimensiona pesantemente l’intera industria del giocattolo europea, e anche l’Ingap ne subisce le conseguenze, senza tuttavia essere costretta a cessare l’attività. Con l’ingresso degli Alleati in Italia, però, gli edifici della fabbrica vengono confiscati dalle truppe neozelandesi che ne fanno il proprio quartier generale.
La Ingap riapre i battenti nel 1946, nonostante la scarsità di materie prime, e tenta di tornare sul mercato con gli stessi metodi produttivi anteguerra. I tempi tuttavia sono cambiati: è ormai iniziata l’era delle materie plastiche, e l’azienda stenta ad adeguarsi, decidendosi solo nel 1960 ad abbandonare la latta litografata. Oltre ad essere tardivo, il passaggio determina un peggioramento nella qualità produttiva che aveva caratterizzato l’industria padovana. I giocattoli Ingap perdono smalto, ed è l’inizio di un progressivo declino, fino alla capitolazione, nel 1972, quando l’impresa viene assorbita dalla Eurotoys.
A proposito della Ingap c'è da raccontare una storia curiosa accaduta quando ormai la fabbrica aveva chiuso battenti da alcuni anni, una storia che riguarda da vicino il mondo del collezionismo. Negli anni Ottanta nel Napoletano viene riaperto un vecchio magazzino che pare sia sotto sequestro da tempo immemorabile. Spalancate le porte, viene alla luce una autentica miniera di giocattoli del passato quasi tutti INGAP dell'anteguerra, per di più, come si suol dire, mint and boxed cioè nuovi di zecca e ancora inscatolati.
Ci sono tra l'altro le auto più rare degli anni Venti e Trenta in perfette condizioni. Questo incredibile tesoro, una specie di sogno a occhi aperti per i collezionisti, finisce nelle mani di alcuni commercianti antiquari e successivamente, per diversi rivoli, arriva nei mercatini di mezza ltalia, da Asolo ad Arezzo, crescendo sempre più di prezzo via via che passano di mano.


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