Il marchio del live steam:
MAMOD
Escogitata inizialmente per pompare l’acqua fuori dai tunnel delle miniere di carbone dell’Inghilterra e perfezionata sul finire del Settecento da Thomas Newcomen e James Watt, la macchina a vapore trova dapprima applicazione come impianto fisso per far funzionare i telai tessili, le macchine utensili delle fabbriche e i magli delle fonderie, quindi diventa il propulsore di locomotive ferroviarie, battelli a ruota o diligenze senza cavalli. Nella sua forma stazionaria o applicato a mezzi navali, stradali o su rotaie, lo Steam Engine viene replicato in forma ridotta da molti costruttori di giocattoli, a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento. Una delle più longevi fabbriche di congegni di questo tipo è la britannica Mamod, fondata nel 1936 a Birmingham da Geoffrey Malins. Inizialmente, Malins costruisce le sue piccole macchine a vapore solo per conto della Hobbies di Dareham, che le distribuisce con il proprio marchio. A partire dal 1937, Malins crea tuttavia una propria linea di prodotti, che commercializza con il marchio Mamod, crasi di Malins Models. Si tratta di articoli molto simili a quelli venduti sotto il nome Hobbies, che spesso si differenziano solo per la colorazione di alcuni particolari. Poco dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1940, la collaborazione con l’azienda di Dareham viene interrotta, e dal 1946 in avanti tutte le creazioni di Malins recano il marchio Mamod. Per diversi decenni, la produzione riguarda esclusivamente riproduzioni in miniatura, perfettamente funzionanti, di Power Station, ovvero macchine stazionarie destinate a fornire forza motrice per impianti industriali, e solo dal 1963 viene ampliata ad includere modelli di veicoli stradali, navali e ferroviari Live Steam (a “vapore vivo”, come dicono gli inglesi). La maggior parte delle realizzazioni a marchio Mamod impiega semplici ma funzionali cilindri oscillanti, con (o senza, negli articoli più economici) regolatori di flusso all’ingresso o all’uscita ma sempre dotati di un meccanismo per invertire il senso di rotazione della Flyweel. Fino alla metà degli anni Settanta la combustione è assicurata tramite bruciatori ad alcool, ma successivamente, in ossequio alla nuova normativa britannica sulla sicurezza dei giocattoli, si adottano mattoncini di paraffina o colofonia (come gli accendifuoco comunemente usati per il barbecue) che garantiscono una più bassa e relativamente più sicura temperatura di esercizio. Le macchine a vapore create da Geoffrey Malins riscuotono successo perché sono pratiche, di piccole dimensioni e sempre montate su un supporto metallico (una piastra di lamierino) che consente di maneggiarle agevolmente. Il disegno dei primi esemplari riprende quello di alcuni modelli della tedesca Marklin, con lunghe ciminiere di latta, litografate con disegni di piccoli mattoni di argilla, che riproducono fedelmente quelle che caratterizzano gli impianti reali. Le Power Station Mamod vengono peraltro costantemente aggiornate nel corso degli anni, abbandonando ad esempio dal 1953 l’impiego del costoso ottone in favore di una più economica lega tipo Zamak o introducendo dal 1957 il più efficiente ed affidabile sistema a vaporizzazione nei bruciatori a spirito. L’assortimento comprende modelli ad uno o due cilindri, completati in qualche caso con l’aggiunta di una dinamo, ed i cataloghi Mamod si arricchiscono via via di un vasto numero di accessori quali alberi di trasmissione e riproduzioni in miniatura di macchine utensili da collegare alle macchine a vapore. L’ottimo rapporto prezzo/qualità degli articoli prodotti dall’azienda di Birmingham le consentono di affermarsi in un mercato che all’epoca vede attivi, oltre ai tradizionali concorrenti tedeschi, numerosi marchi britannici quali Plane Products, Cyldon, SEL, Luton Bowman e Burnac. Diverse Power Station Mamod vengono acquistate da scuole ed istituti tecnici, e in questi casi sono corredate da esaurienti manuali per l’impiego in esperimenti di laboratorio. Tra il 1965 e il 1976 viene realizzato per conto della Meccano di Liverpool uno speciale modello, denominato MEC1, fornito di piastre forate che gli consentono di integrarsi perfettamente con gli elementi del famoso sistema di costruzioni meccaniche. Tale modello è commercializzato con il marchio Meccano, ma dopo la fine della collaborazione con l’azienda fondata da Frank Hornby continuerà ad essere prodotto dalla Mamod con la sigla SP3. Quanto invece alle riproduzioni di veicoli, il primo Mamod di questo genere appare nel gennaio del 1961 ed è un compressore stradale, o “schiacciasassi”, come popolarmente venivano chiamate le macchine di questo genere impiegate per assestare l’asfalto appena gettato. A questo articolo, contrassegnato con la sigla SR1, segue due anni dopo il TE1, un trattore stradale del tipo - abbastanza comune nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento - detto Showman's Road Locomotive (o Showman's Engine): speciali veicoli destinati a trainare i carrozzoni di circhi equestri e fiere itineranti, donde la denominazione di “macchine dell’uomo di spettacolo”. Senza alcuna velleità di essere dei precisi modelli in scala, questi due primi Mamod semoventi, progettati da Eric Malins, figlio del fondatore dell’azienda, non rappresentano alcun veicolo in particolare e sono articoli destinati al mercato dei giocattoli, semplici da far funzionare e dotati di caldaie a bassa pressione per garantirne la sicurezza. Costruiti ancor oggi, in versioni progressivamente aggiornate, sono altamente spettacolari e garantiscono una buona dose di divertimento, specie il trattore stradale, che può essere teleguidato: una volta raggiunta la pressione sufficiente, si imposta la marcia avanti o indietro, si regola la velocità e quindi si può seguire camminando il veicolo e direzionarlo opportunamente tramite una lunga asta metallica dotata di un pomello di legno collegata allo sterzo. Nel 1969 diventano disponibili due tipi di rimorchio a due assi che possono essere agganciati ad entrambi i modelli. E nel 1972 fa la sua apparizione un nuovo mezzo semovente, sommaria ma suggestiva riproduzione, sempre in scala 1:22 circa, di un autocarro a vapore, simile ad un Foden degli anni Venti del secolo scorso. Denominato SW1, questo giocattolone lungo più di mezzo metro e pesante quasi tre chili viene realizzato usando varie componenti dei precedenti trattori, alle quali è unito un telaio che sopporta il piano di carico. Attribuito a Steve Malins, figlio di Eric, dispone di una doppia riduzione, con trasmissione finale a cinghia, che assicura una marcia lenta e molto realistica. Anche questo articolo verrà prodotto nel corso degli anni in diverse varianti di colore Nel 1976 arriva la Roadster SA1, riproduzione di una automobile sportiva di inizio Novecento, possibilmente una Mercer Raceabout o una Daimler Simplex. Molto elegante nella sua livrea bianca con sedili neri e ruote rosse a raggi cerchiate in gomma piena, mantiene il medesimo meccanismo di propulsione dei precedenti veicoli, con la caldaia alloggiata sotto al lungo cofano, ed è all’epoca l’articolo più raffinato, grande e costoso dell’intera produzione Mamod. Ne verrà realizzata anche una versione più dettagliata, somigliante alla Rolls-Royce Silver Ghost. Successivamente verranno introdotti la Limousine SA1L, il Fire engine FE1 e gli autocarri coperti DV1/2. Si tratta rispettivamente di una evoluzione della roadster in versione coperta, di un ovviamente rosso camion dei pompieri con scala girevole ispirato ad un Leyland degli anni Venti e di due furgoni (uno con l’insegna Mamod e l’altro in livrea Royal Mail). Nel 1989 sarà la volta del London bus LB1, gradevolissima imitazione di un autobus edoardiano a due piani X-type della London General Omnibus Company, con imperiale scoperto e scala di accesso posteriore. Fin dagli inizi, Mamod produce anche speciali motori a vapore destinati alla propulsione di modelli navali. Ad una prima versione lanciata nell’anteguerra e applicata soprattutto ai modelli naviganti costruiti dalla Hobbies, seguono la ME1 nel 1952, la ME2 nel 1958 e la ME3 nel 1965. Malgrado la lusinghiera accoglienza da parte degli appassionati, che usano queste unità motrici per far navigare imbarcazioni autocostruite lunghe fino a un metro, la produzione cessa nel 1972. Nel 1949, Mamod realizza in proprio anche un battello con propulsione a vapore, il Meteor, ispirato ad una torpediniera della seconda guerra mondiale. Dotato di un motore a cilindro singolo, il Meteor non incontra grande successo e viene ritirato dal mercato nel 1952, dopo essere stato venduto in circa 1.500 esemplari.. Né miglior sorte tocca alla versione con motore elettrico, denominata Conqueror, che trova ancor meno acquirenti del Meteor ed esce anch’essa di produzione dopo pochi anni. Nei primi mesi del 1979 debutta la Mamod Model Railway, ferrovia giocattolo a vapore vivo con locomotive vendute già montate o in kit. Ad una prima edizione a scartamento 0 (32 mm) fa seguito quella a scartamento 1 (45 mm) ed entrambe trovano buona collocazione sul mercato, trattandosi del primo esempio di modelli di questo genere realizzati in Gran Bretagna, prodotti in grande serie e venduti ad un prezzo ragionevole. Oltre ad un certo numero di carri merce e vetture passeggeri, l’assortimento arriva a comprendere binari, scambi e tre piccole locomotive non riferibili ad un determinato prototipo reale ma solo genericamente ispirate alle vecchie vaporiere in uso sulle ferrovie a scartamento ridotto. Gli onerosi investimenti resisi necessari per l’allestimento della linea di montaggio della Mamod Model Railway mettono peraltro a repentaglio la solidità finanziaria dell’azienda. A causa della difficile congiuntura economica che investe il Regno Unito agli inizi degli anni Ottanta, le banche chiudono i rubinetti del credito e chiedono il rimborso dei prestiti erogati in precedenza. Eric Malins non è in grado di farlo, e sebbene le vendite procedano bene, la Mamod è costretta a ricorrere all’amministrazione controllata. Dopo l’uscita di Eric Malins e del figlio Steve dalla società, la Mamod avrà un’esistenza molto travagliata, passando almeno sei volte di proprietà nel giro dei successivi trent’anni e arrivando nel 1989 sulla soglia dell’estinzione. Nel 2010 il controllo viene assunto dalla famiglia Terry, che in nuovi impianti siti a Smethwick, nella contea inglese delle Midlands Occidentali, continua la produzione di molti articoli fra cui alcune Power Station, la Model Railway e la Le Mans Racer LM1, la cui prima versione era stata introdotta nel 1999. Quest’ultima è la fantasiosa riproduzione di una vettura da corsa di inizi Novecento. Basato sul medesimo telaio della Roadster e della Limousine, il modello adotta però un più potente motore unidirezionale a due cilindri, capace di fargli raggiungere una notevole velocità e per questo è fin dall’origine predisposto per il collegamento dello sterzo ad un radiocomando.
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