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MessaggioInviato: lunedì 16 luglio 2007, 13:54 
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...mi incuriosisce quella "virgola" in Spagna...


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MessaggioInviato: lunedì 16 luglio 2007, 20:55 
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Ale Sasso ha scritto:
...mi incuriosisce quella "virgola" in Spagna...


La compagnia privata che ha costruito la linea Madrid-Valladolid-Burgos-Irun-Hendaye (e i suoi rami come quello per León) faceva viaggiare i treni a sinistra, e così è rimasto, tra l'altro la linea non è banalizzata. Se ho capito bene, la stanno/vogliono banalizzarla e spostare la marcia a destra.

tobruk ha scritto:
Franz M. ha scritto:
In Sardegna vanno al centro.


Non dire sciocchezze. Dalla mappa si capisce chiaramente che in Sardegna non ci sono nè ci sono mai stati treni. E neanche in Corsica. In Corsica però ti ricordo che mi piacerebbe andare a controllare di persona...


Neanche nei paesi baltici e in Turchia allora...


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MessaggioInviato: lunedì 16 luglio 2007, 22:05 
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Ed Enzo jannacci cantava .........................................

Per un bicchier di vino ho visto un treno in riva al mare


Saluti

Diego


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MessaggioInviato: lunedì 16 luglio 2007, 22:36 
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SAFF ha scritto ...........................Binario legale e illegale è un termine caduto in disuso con l'introduzione delle linee banalizzate.
Ora vengono definiti semplicemente binario Dispari o Pari.


Ma a Pontecurone quale e' il binario dei pari e quale quello dei dispari ??

Saluti


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MessaggioInviato: martedì 17 luglio 2007, 6:36 
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In Italia i treni non vanno ne a destra ne a sinistra, vanno a .....ramengo!
Leggete questa cronaca del quotidiano La Stampa:

Oltre 20 fermate tra caos e caldo sognando la Riviera
ANDREA ROSSI
INVIATO A SANREMO
L’intoppo spunta quando meno te lo aspetti. A una fermata dalla mèta: quando ti porti appresso già quattro ore e più di viaggio, sei sfinito e già pentito della malsana idea di una domenica al mare. Sbuca il capotreno, e annuncia placido che «oggi il treno non arriva a Ventimiglia. Si ferma a Taggia. Chi prosegue deve scendere e aspettare il convoglio successivo». Inutile cercare una ragione. Il massimo che si riesce a estorcere è un inno al vago: «Motivi tecnici».

E così la lunga marcia verso una spiaggia si prolunga. La carovana partita da Torino alle 8 con gli occhi ancora stropicciati per la sveglia forzata, sbarca nella terra del Festival all’ora di pranzo: 12,55, con oltre mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia. Quasi cinque ore per macinare 238 chilometri, come sta scritto sul biglietto. E almeno tre passate in piedi, perché i sedili spariscono in un attimo e si liberano soltanto quando il popolo del mare comincia a esondare sulle spiagge. Ci si arrangia, su questo treno che procede stanco, che ferma 27 volte prima di arrivare a destinazione. Una sosta ogni sette, otto minuti. A Torino Lingotto, seconda fermata, i posti a sedere sono pressoché finiti. Tutti, anche quelli di prima classe, occupati per disperazione da una truppa di «abusivi» con il biglietto di seconda in tasca. Passa il controllore e non batte ciglio. «Ci mancherebbe altro – tuonano i viaggiatori -. Basterebbe agganciare due carrozze in più».

In uno scompartimento, sempre di prima, si sono sistemate due famiglie: quattro genitori e tre bambini, con corredo di attrezzatura da mare. Non ci starebbe uno spillo di più, nell’«accampamento» di Luca Pierro e Mauro Castagneti. Del resto, posto non ce n’è, e rivoltare il treno in cerca di sette posti - con bagagli, mogli e figli al seguito – è impresa disperata. E allora ci si sistema, dove e come capita: chi nei corridoi, chi negli anfratti che separano i vagoni, magari sulla soglia della toilette. Pasquale Esposito, un giovanotto di 23 anni, non ha trovato alloggio migliore. Così lo zaino è diventato cuscino e la porta del bagno poggia-schiena. Per una domenica al mare c’è chi è disposto a sopportare di tutto. E così Stefano B. aspetta gli amici che salgono a Carmagnola incastrato in un anfratto tra la toilette e la porta.

Si adeguano, i giovani. Per terra, in due accatastati sullo stesso sedile. Purché si vada, purché si arrivi. Purché la domenica sia salva. Con il pensiero che già corre a quel che sarà il viaggio di ritorno. «Trovi il popolo della domenica e quello del fine settimana. In poche parole ti puoi considerare fortunato se riesci a salire. Poi, fino a casa, non c’è alternativa: si sta in piedi», raccontano Manuel Gelio e Mattia Pizzi. Potrebbero essere catalogati tra gli habitué delle domeniche bestiali: sette ore di treno per passarne sei in spiaggia. Un capolavoro di autolesionismo, direbbero i più. Se non fosse che i due non sono soli: ci sono otto carrozze stipate che, come un blocco unico, viaggiano in direzione Liguria.

C’è da soffrire. Non solo perché la traversata è eterna e si marcia stipati come sardine, le valigie che spuntano dai portabagagli e quelle in esubero che sbarrano la strada a chi passa. Il treno che porta al sole è un continuo sfidare la sorte. Sperando che il bagno della tua carrozza funzioni e non si debbano scavalcare decine di borsoni, districandosi tra ombrelloni che affiorano, scarpe, piedi, gambe e schiene per cercarne uno aperto. Lanciando maledizioni all’impianto di condizionamento, che in certe carrozze funziona a meraviglia e altrove latita. Con due signore di prima classe che danno la caccia al capotreno. E quando lo trovano, il siparietto è irresistibile. «Fa troppo freddo, abbassi l’aria». «Ma cosa volete di più? Vi conserviamo al fresco». «Freschi sì, assiderati no». Scendono quasi tutti a Finale, la prima fermata utile. Vietato perdere tempo, il viaggio ha già rubato tre ore. Il guaio è che tutti hanno la medesima idea e così, dopo una traversata gomito a gomito, si ritrovano stipati in spiaggia. Guai ad azzardare un movimento di troppo: c’è il rischio di rifilare una pedata al vicino d’ombrellone.

Chi prosegue, ormai esausto, dorme, legge, discute. Un gruppo di quindicenni, che ha occupato uno scomparto, intona una canzone di Gigi D’Alessio. Segno inequivocabile di questi tempi se non fosse che le rime, visto il contesto, suonano come sarcasmo allo stato puro: «Guarda che giornata di sole che c’è / qui in città si soffre che caldo che fa / aria condizionata nel traffico che c’è / meno sudato arriverò da te». Però là dentro non è l’auto di Gigi. Si suda, eccome. Da star male.


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MessaggioInviato: martedì 17 luglio 2007, 6:41 
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In Italia i treni non vanno ne a destra ne a sinistra, vanno a .....ramengo!
Leggete questa cronaca del quotidiano La Stampa:

Treni per il mare, una via crucis

Quasi quattro ore per raggiungere Alassio, due per Rapallo. Pochi i viaggi diretti
ANDREA ROSSI
TORINO
Con la macchina, se tutto fila liscio, bastano due ore d’autostrada. Code permettendo. Verrebbe da dire: meglio il treno. Non si rischiano ingorghi, si viaggia più sicuri e più comodi. Già, però ci si impiega un’ora di più. Almeno. Un torinese che voglia godersi un po’ di mare in Liguria si armi di pazienza e riempia il borsone di libri da sfogliare durante un viaggio che s’annuncia eterno. Se sceglie il treno, ne ha per tre ore, a volte di più. Ritardi esclusi. Chi non lo sa, arriva in stazione e sbianca. Come una coppia di turisti australiani, Mary e Franklin Giant. Ieri mattina, a Porta Nuova, scrutavano l’orario incerti, pensando ci fosse un errore nel tabellone che segnalava partenza a mezzogiorno e arrivo a Savona alle 14,28. «Pazienza, abbiamo tutto il tempo. Certo che, se questo è lo stato dei vostri treni, c’è poco da stare allegri». La Via Crucis dei vacanzieri della Riviera è fatta di 20 tappe, a volte anche 27. Ciascuna è una fermata in stazione, una sosta di due, tre minuti. Significa che, per smaltire tutte le tappe, si perdono come minimo cinquanta minuti. Levante o Ponente non fa molta differenza, almeno in termini di tempo. Cambia il numero di fermate, e non poco. Un viaggio ad Alassio vale venti soste. Per raggiungere Rapallo ne bastano quattordici. Sei, se il convoglio è l’Intercity che va a Roma. Lunga percorrenza e pochi intermezzi. In due ore la spiaggia non è più un miraggio.


Il risparmio di tempo, però, si ripercuote sul prezzo del biglietto. Che è di 20 euro, a fronte dei 9,40 per il treno base, quello che ferma quattordici volte e ci mette quasi tre ore. Il guaio sono gli snodi: da una parte - riviera di Levante - sono Genova, Tortona o Voghera. È lì che si cambia. Perché quasi sempre bisogna pure scendere da un convoglio e aspettarne un altro. Sono però stazioni al centro di grandi collegamenti, e il dettaglio lascia al torinese che parte per il mare qualche speranza di capitare su un vagone che lo porterà a destinazione in una manciata di tappe. Per il villeggiante di Ponente, invece, è quasi una causa persa. E non tanto perché i treni liguri fermino in ogni stazione: è un’antica consuetudine. La sventura è che, fino a pochi anni fa, almeno la tratta che congiunge Torino e Savona, si poteva colmare in poco più di un’ora. C’era un «rapido»: tre soste - Savigliano, Fossano e Mondovì - prima di arrivare a destinazione. E c’erano sei «diretti» al giorno: fermavano a Carmagnola, Savigliano, Fossano, Mondovì e Ceva. Spariti. Ora la transumanza del torinese è fatta di sedici tappe. Sempre. Non esistono eccezioni: l’orario sfoggia una lunga sequenza di «R», sigla che sta per «Regionale» ed evoca nei passeggeri cupi scenari. Sì, i treni dei pendolari, quelli che fermano in tutte le stazioni, anche nei paesini. Quelli che spesso sono senza aria condizionata, e di questi tempi è un’assenza che si fa sentire. «È vero - conferma Silvia Starnini, un’habitué della tratta -. Viaggio spesso tra Liguria e Piemonte e la situazione non è delle migliori: ritardi, sporcizia e, di questi tempi, un calore disumano». A volte basta un solo treno, e da Torino si arriva anche a Ventimiglia. Ci vogliono quattro ore e mezza, però non si cambia mai. Succede tre volte al giorno. In tutti gli altri casi si scende a Savona e si aspetta: da dieci minuti a tre quarti d’ora. Potere delle coincidenze. La maledizione, dicono i viaggiatori, ha un nome preciso. Si chiama «Memorario». Anno 2002. Nell’ottica di chi l’ha studiato - e messo a punto - avrebbe dovuto rappresentare la tanto sospirata razionalizzazione degli orari dei treni. Una mano tesa ai pendolari, insomma: orari ragionati e coincidenze garantite. Nobili intenzioni per risultati assai contestati. Un disastro, a giudicare dalle proteste di quei giorni in Piemonte: scioperi dell’abbonamento, treni bloccati. E ancora: interrogazioni parlamentari e richieste di chiarimenti in Consiglio regionale.


Con i pendolari della linea Torino-Bra, Torino-Fossano-Mondovì e Torino-Modane letteralmente imbufaliti. Ricapitolando: «Memorario» ha scontentato i pendolari e abolito i treni “rapidi” per i vacanzieri in un colpo solo. La “razionalizzazione” voluta da Trenitalia ha coinvolto anche i treni a lunga percorrenza. E così, se fino al 2000 si poteva raggiungere Savona con tre, al massimo cinque fermate, adesso ce ne vogliono quattordici. E due ore e mezza, per appena 130 chilometri. Così, oggi, la rotta per le vacanze passa anche per Saliceto (1.500 abitanti), Cengio (3.777), Magliano (2.111). «E in certi tratti - racconta Paolo Wierdis, uno che si sobbarca 4 ore di viaggio fino a Bordighera - le fermate sono a cinque minuti l’una dall’altra».


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MessaggioInviato: martedì 17 luglio 2007, 8:26 
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Finché la ferrovia sarà in mano ad uno come Moretti...


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Ale Sasso ha scritto:
Finché la ferrovia sarà in mano ad uno come Moretti...


Qualcuno può confermare se è lo stesso o solo un omonimo del sindacalista che mandò a ramengo le gloriose officine di Firenze, con tutta la tradizione del Servizio Materiale e Trazione?


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piomboadaletta ha scritto:
.........Binario legale e illegale è un termine caduto in disuso con l'introduzione delle linee banalizzate.
Ora vengono definiti semplicemente binario Dispari o Pari.
......ri ??

Saluti


Scusate le mie conoscenze un po' datate, visti alcuni interventi un po' a vanvera, ma Dispari e Pari non è un termine nuovo; c'era anche un sistema per riconoscerli, sia in Italia che in Europa.

Grazie

FF


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MessaggioInviato: martedì 17 luglio 2007, 23:15 
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FleischmannFan ha scritto:
visti alcuni interventi un po' a vanvera, ma Dispari e Pari non è un termine nuovo; c'era anche un sistema per riconoscerli, sia in Italia che in Europa.


Chi lo avrebbe mai detto.


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MessaggioInviato: mercoledì 18 luglio 2007, 6:14 
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tobruk ha scritto:
FleischmannFan ha scritto:
visti alcuni interventi un po' a vanvera, ma Dispari e Pari non è un termine nuovo; c'era anche un sistema per riconoscerli, sia in Italia che in Europa.


Chi lo avrebbe mai detto.


Per interventi a vanvera, mi riferivo esclusivamente ai miei.


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MessaggioInviato: mercoledì 18 luglio 2007, 9:10 
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aln668.1900 ha scritto:
In Italia i treni non vanno ne a destra ne a sinistra, vanno a .....ramengo!

Questo è sicuro! :evil:
E dopo si lamentano che per spostarci preferiamo l'auto. Ancora si lamentano...
Basta, che finiamo OT... :wink:


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MessaggioInviato: mercoledì 18 luglio 2007, 15:42 
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Località: Linea BO-RN, km 34+056
E 428 ha scritto:
Ale Sasso ha scritto:
Finché la ferrovia sarà in mano ad uno come Moretti...


Qualcuno può confermare se è lo stesso o solo un omonimo del sindacalista che mandò a ramengo le gloriose officine di Firenze, con tutta la tradizione del Servizio Materiale e Trazione?


E' proprio lui, purtroppo...


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 Oggetto del messaggio: Ma i treni vanno a destra o a sinistra??
MessaggioInviato: mercoledì 18 luglio 2007, 18:26 
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Località: Dove i treni sono a vapore e gli scambi a mano
piomboadaletta ha scritto:
Ma a Pontecurone quale e' il binario dei pari e quale quello dei dispari ??
P è quello normalmente percorso dai treni GE-MI e AL-PC;
D è quelo normalmente percorso dai treni MI-GE e PC-AL.
Omnibus


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MessaggioInviato: mercoledì 18 luglio 2007, 20:53 
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Quindi sul binario dei P circolano treni dispari da Alessandria e oltre diretti a Voghera ed oltre e su quello dei D circolano treni con numerazione pari provenienti da Voghera o stazioni della linea per Piacenza ed oltre e diretti oltre Tortona. Un bel casino quindi, mantendo una distinzione del genere !!!!

Saluti


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