Atto ultimo
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Il convoglio reale, con a bordo il Dux ed il Rex, col Mengozzi a’ comandi s’avviò docilmente sotto il segnale disposto a via libera, traversò gl’iscambi ed imbocco senza indugio la piena linea.
Doveva a questo punto il macchinista dar prova d’audacia? Doveva egli spronare i cavalli vapore e farli scatenare sulle rotaje? Doveva egli colla velocità stupire gli ospiti illustrissimi?
Non se lo fece dir due volte. Serie, parallelo, superparallelo … ronzavano, che dico – ruggivano fieri i motori, chè s’agitavan entro di essi inquieti i campi rotanti del Ferraris; urlavano i bordini strusciando sul fungo delle rotaje; e su tutto questo gran frastuono alto s’udiva il bramito, sempre più minaccioso, degli ingranaggi.
Avessi la penna d’un D’Annunzio! Avessi il pennello d’un Marinetti!
Ma trasferiamoci seduta stante nella carrozza reale:
- Non pensate, Onorevole, che si corra troppo?
- Questo è niente Maestà, sapeste come si fila col nuovo sistema della continua!
- Se lo dite voi … Piuttosto, non mi avete ancor giustificato la presenza di quelle donne di malaffare. Non oso pensare alle questioni che solleverà il Sant’Uffizio, quando lo verrà a sapere! Che sia l’ultima volta!
Il Duce, piccato, cambiò subito tono, passando dalla deferente ossequiosità ad un atteggiamento assai meno formale:
- Uè nanerottolo, fatti un po’ i fattacci tuoi, boja d’un mond leder! Pensa a quella racchiona di tua moglie e lasciaci divertire – anzi, và a dar via i ciap già che ci sei!
Intanto la velocità del convoglio aumentava oltre ogni limite. Solo nella cabina di condotta, lo sguardo sprezzante, il mozzicone della sigaretta nell’orlo della bocca il Mengozzi attendeva che il treno andasse incontro al destino fatale:
- Morirò io, ma creperai anche tu, dittatore de’ miei stivali! Evviva la libertà, avviva Lenin, evviva Turati, evviva il socialismo, evviva l’anarchia, boja d’un mond leder!
E la Macchina sia alleata, non nemica, ai lavorator: così la vita ritrovata a noi darà pace ed amor …
Ma il Dux aveva già ravvisato il pericolo. Con un balzo felino si gettò sulla maniglia del segnale d’allarme, lo tirò a sé intimando al Rex di reggersi forte onde non ruzzolare pella gran frenata … ma non successe nulla! Il treno procedeva ancor più veementemente! Non sapevano, i Nostri, che la condotta continua era stata artatamente sabotata.
Che fare?
Il freno a mano, perdio!
Diede Egli di piglio al volante del freno all’uopo disposto nel vestibolo della carrozza, ma … TOC! Il volate saltò via con un colpo secco!
Bisognava agire!
Si strappò il Duce camicia e canottiera, ghermì il perno mozzato del volante del freno e, a mani nude, con uno sforzo erculeo prese a girarlo … a poco a poco, con uno sforzo sovrumano, volle e potè bloccare i freni.
Il treno, lanciato ai cento all’ora contro il terminale della stazione di Bolzano, rallentò con un fortissimo stridio, mentre migliaja di faville prorompevano corrusche dalla confricazione tra il metallo de’ ceppi, e quello de’ cerchioni.
A torso nudo, la fronte madida di sudore, lo sguardo imperioso, il Duce balzò agilmente dalla vettura e corse verso la motrice per interrogare il macchinista su cosa mai fosse accaduto. Ma:
- Gradiste il viaggio, Eccellenza? Notaste l’inusuale celerità del treno sotto alla trifase? Vedete, Duce, questa locomotiva unisce il progresso de’ carrelli motori coll’efficacia dell’alternata Italiana; guardate, essa non ha le bielle come l’E432, ecco perché va così spedita; dovete sapere che … bla bla bla …
Il Bianchi, fresco come un quarto di pollo, l’aveva atteso sulla banchina: ma oramai il Dux non l’udiva più. La sua mano già stringeva il manico del manganello (trattavasi senz’ombra di dubbio del n. 45bis, quello coll’anima di treccia di rame, il rivestimento di guttaperca e l’impugnatura di steatite isolante donatogli dal Ferraris): PIM! PUM! PAM! Giù manganellate sul cranio ignudo del Bianchi che gemeva; poscia, al grido di “al diavolo, elettricista de’ miei zebedei” prese ad inseguirlo rotando in cerchio attorno alla tina della girevole.
E l’anarchico?
Sarebbe bastato un nonnulla per arrestarlo e sbatterlo in galera … ma nel trambusto non lo notò nessuno: ebbe quindi modo di godersi impunemente lo spettacolo per poi darsela tranquillamente a gambe.
Ne frattempo una folla strabocchevole, inquadrata da’ capi manipolo, si era spontaneamente radunata sulle banchine per dare il bentornato al Dux ed al Rex, e con una sola voce, con un solo cuore acclamava:
- Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce! Du-ce!
Camerati, so che non mi crederete, ma v’assicuro che a ricordar certe vicende (ebbene si, c’ero anch’io) mi prende un tal groppo alla gola da non riuscire più a scrivere!
Ad majora,
Manrico
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